La pericolosa accozzaglia di sinistra: non c’è ma litiga

«Per salvare la coalizione l’unica è sperare che twitter vada in down per 48 ore». La sintesi della tempesta che agita le acque del centrosinistra è nella sconsolata dichiarazione di Matteo Orfini, travolto come tutto il Partito Democratico dalla valanga di accuse e repliche andate avanti per tutta la giornata tra i leader della grande coalizione da opporre al centrodestra.

Si era andati a dormire con l’incontro Letta-Verdi e Sinistra Italiana che aprivano al dialogo. Ma alle loro condizioni. Inutile dire che le richieste dei due partiti di sinistra (dati, insieme al 4% nei sondaggi) fanno a pugni con l’Agenda Draghi e le altre cose richieste da Calenda che di primo mattino dava fuoco alle polveri, via social: «”Dario, il terzismo alla volemose bene con noi non funziona. Avete firmato un patto. Nato, rigassificatori, equilibrio di bilancio, revisione rdc, agenda Draghi. Dall’altro lato c’è una dichiarazione al minuto contro tutto questo. Chiarite. Decidete. Punto”.

Bruno Tabacci, da due giorni il più grande estimatore di Luigi Di Maio in Parlamento al punto da fondare con lui un movimento nuovo, provava a spegnere le prime fiammelle dell’incendio che via via rischiava di propagarsi: «Le polemiche favoriscono solo il centrodestra. Serve unità e senso di responsabilità, anche se nella coalizione non devono esistere partiti di serie A e partiti di serie B».

Letta, sempre più nei guai, spiegava di «essere disposto a prendere calci pur di formare un’alleanza competitiva», tanto per chiarire lo stato di disperazione confermato dagli ultimi sondaggi che danno il centrosinistra senza i 5 stelle a 12-13 punti percentuali dal centrodestra. Tutto inutile.

Nel pomeriggio tornavano alla memoria alcune frasi di Angelo Bonelli, leader dei Verdi su Calenda: «C’è un problema molto serio, Calenda non può essere trattato come il bambino capriccioso che urla e siccome urla la mamma e il papà che l’hanno viziato gli danno tutto. Il bambino va educato, per il bene del bambino, se sei viziato poi cresci male. La nostra funzione è pedagogica in questo momento»; un attacco personale e diretto che non lasciava spazio ad interpretazioni e che scateneva la reazione del leader di Azione: «Vorrei capire se si può pensare di lavorare insieme così, Enrico. Boh».

Il Nazareno correva ai ripari riconvocando Calenda per un incontro, breve, al termine del quale l’esponente di Azione se ne andava con un freddissimo: «L’accordo con il Pd regge? Non ho veramente nulla da dire…». Poco dopo, a chiudere il cerchio arrivava la decisione dei Verdi di accettare l’accordo con il Pd «sia pur con tutte le differenze che sono note…».

Letta vuole chiudere definitivamente tutto questo «brutto spettacolo» come l’hanno denominato alcuni osservatori da sempre vicini al Pd, nelle prossime 48 ore. Come finirà? Cosa farà Calenda? Difficile dirlo.

Di sicuro è sempre più chiaro che la coalizione-cozzaglia non ha unità, non ha un programma, ha solo uno scopo elettorale nei collegi uninominali ed una data ed ora precisa di scadenza: le 23.00 del 25 settembre prossimo, giorno del voto.

Un caos da cui si tiene a debita distanza Matteo Renzi, fermo nella sua decisione di correre da solo contro lo sbarramento del 3%, i grillini che lavorano sulle parlamentarie per la scelta dei nuovi candidati da inserire nelle liste, ed il centrodestra impegnato sul programma dei famosi 15 punti la cui bozza sta cominciando a circolare. Con Giorgia Meloni che, intervistata dalla tv statunitense Fox News ammette: «sarebbe un onore per me guidare l’Italia»

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