L’eterno vizio del doppio incarico

Nonostante lo Stato vieti il cosiddetto «cumulo di impieghi», si moltiplicano i casi in cui la regola viene ignorata. Da Napoli alla Sardegna, da Venezia a Roma, ecco alcuni nomi eccellenti di chi deve renderne conto.


I magistrati della Corte dei conti lo chiamano «cumulo di impieghi»: è un antico vizietto molto comune negli ambienti della Pubblica amministrazione che i governi hanno più volte cercato di arginare con leggine e circolari. Ma il doppio incarico è ancora in voga. E, infatti, fioccano inchieste e sentenze di condanna. Alcune, recentissime, dimostrano che non si tratta di arrotondare con qualche spicciolo. A volte le remunerazioni sembrano equipararsi o addirittura superare gli stipendi.

Il re del doppio incarico, nonostante il suo patteggiamento sia passato molto sotto traccia, è il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi: dovrà risarcire l’università della quale è stato rettore, la Federico II, con 210 mila euro. La Procura contabile gli contestava di aver accettato incarichi professionali incompatibili col ruolo di professore universitario che ha svolto dal 2007 al 2019. La somma che avrebbe dovuto restituire, stando ai calcoli dell’accusa, ammontava a 763.063 euro. L’illecito amministrativo sarebbe dipeso «dalla condotta con la quale l’interessato avrebbe intenzionalmente svolto, in modo sistematico e continuativo, attività esterne in favore di committenti pubblici e privati, in spregio alla normativa sul cumulo di impieghi e in violazione dei propri obblighi di servizio inerenti il rapporto di lavoro a tempo pieno in qualità di docente universitario, omettendo di versare all’ateneo federiciano i cospicui compensi guadagnati all’esterno». Un’accusa che appare come gravissima per chi è al vertice di un ente pubblico. Alla fine, grazie al patteggiamento, se l’è cavata accettando di pagare meno di un terzo della cifra inizialmente contestata. Ma il sindaco dovrà saldare anche le spese di giudizio.

Napoli, però, appare un po’ la capitale di questo meccanismo. Ci è cascato anche l’assessore ai Trasporti Edoardo Cosenza, sorpreso pure lui nel doppio ruolo da professore a tempo pieno alla Federico II e da professionista che incassava compensi all’esterno, sempre con la Pubblica amministrazione. Lo scorso novembre la Guardia di finanza avrebbe intimato all’Asl Napoli 1 di non versare 147.712 euro a Cosenza per un compenso da collaudatore statico all’Ospedale del Mare. Un’attività che l’assessore avrebbe svolto quando era professore di Tecnica delle costruzioni.

Ma non è l’unico collezionista di incarichi a Ingegneria, dove insegna anche Alfonso Montella, volto noto per le sue campagne sulla guida sicura, che ora dovrà versare all’Ateneo federiciano oltre 100 mila euro. I magistrati contabili hanno individuato 21 incarichi esterni tra il 2016 e il 2021 «in spregio della normativa sul cumulo di impieghi e in violazione dei propri obblighi di servizio, omettendo di riversare, in favore dell’Ateneo di appartenenza, gli ingenti compensi percepiti». Montella si è difeso sostenendo che in parte quelle quote erano ormai prescritte. E ha cercato di respingere l’ipotesi dolosa che, invece, l’accusa gli accollava. I giudici però ritengono di averne rinvenuto la prova nell’esistenza di una partita Iva «attivamente utilizzata, riferita alla omonima ditta individuale, esercente l’attività di Studi di ingegneria». Inoltre, anche Montella avrebbe agito «in assenza di comunicazioni o richieste di autorizzazione allo svolgimento di attività extra istituzionali».

Ha una coda napoletana anche un’altra vicenda che, però, parte da Venezia. Paolo Ripamonti, professore di Musicologia alla Ca’ Foscari, sembra aver fatto incetta di incarichi, tutti prestigiosi, per alcuni dei quali ha ricevuto anche premi e riconoscimenti. A partire dal 2001. Tra Lisbona, al teatro nazionale São Carlos, dove è stato sovrintendente, al Festival Mozart di La Coruña in Spagna, al teatro La Zarzuela di Madrid, fino a Napoli, prima come consulente del San Carlo e, dal novembre 2019 al marzo 2020, come direttore artistico. In tutti i casi, secondo l’Università Ca’ Foscari, senza «una richiesta preventiva di autorizzazione». La Corte dei conti veneta gli ha contestato 540 mila euro di risarcimento.

Altri 200 mila euro sono stati chiesti indietro dai magistrati contabili a Tonino Chironi, alla guida della Sfirs, la finanziaria della Regione Sardegna. Avrebbe percepito stipendi dal 1° gennaio 2021, quando è andato in pensione dopo avere lavorato per 40 anni come professionista contabile. Chironi ha ricevuto un mese fa un atto di incolpazione contenente la violazione di una norma del 2012, secondo la quale «non possono essere conferiti incarichi di governo nelle amministrazioni pubbliche o negli enti e società da controllate a lavoratori pubblici o privati collocati in quiescenza, salvo che si tratti di incarichi a titolo gratuito».

Questioni di pensione e stipendio anche a Roma e dintorni. Nel 2021 l’ex assessore provinciale del Pd ed ex sindaco di Morlupo, Bruno Manzi, è stato nominato capo di gabinetto della città metropolitana, guidata dal sindaco Roberto Gualtieri. A marzo 2023 il dirigente capitolino è andato in pensione anticipata, ma dopo sei mesi Gualtieri lo ha richiamato, affidandogli di nuovo l’incarico. Ora i giudici contabili chiedono all’ex Provincia se il trattamento pensionistico di Manzi sia stato sospeso quando ha accettato il nuovo rapporto di lavoro. E il «così fan tutti» non è ammesso come giustificazione.

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