Conte candidato Pd; l’unione di due debolezze non fa la forza

La notizia è di quelle interessanti, anzi, gustose. Il Pd è pronto candidare nel collegio lasciato libero dal neo sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, non un uomo del suo partito ma nientepopòdimenoche Giuseppe Conte, il leader del Movimento 5 Stelle.

La cosa, cui manca solo l’ufficialità, ha avuto l’effetto di una bomba lanciata in tutto il mondo capitolino del Pd, che non l’ha presa bene. Sui social potete facilmente trovare commenti dalle varie tonalità di fastidio e volgarità ma il senso è che questa cosa non piace a nessuno. Soprattutto perché segna per tutti i protagonisti (due, Enrico Letta e lo stesso Conte) un segno di profonda debolezza.

L’ex avvocato del popolo che quando stava a Palazzo Chigi (a fare poche cose buone ma grossi danni) la narrazione di Casalino ci presentava come l’uomo più amato del paese da quando si è trovato fuori dal Palazzo del Governo ha avuto modo più volte di affrontare dal vivo gli elettori ma è sempre riuscito a scappare con scuse più o meno plausibili.

Oggi no, oggi ha deciso di accettare, di mettersi in gioco e lo fa «a viso aperto» in un collegio dove da sempre il candidato del Pd vince, anzi stravince (Gentiloni 42% e poi Gualtieri 62%); insomma il più comodo dei collegi «blindati». In pratica Conte per conquistarsi (lui, mai eletto) il primo posto in Parlamento lo chiede in affitto al Partito Democratico. E chissà cosa pensano i grillini, quelli duri e puri, della prima ora; quelli di «mai con il Pd». Adesso, mentre si sfaldano come la neve al sole, possono sopravvivere solo grazie proprio al Nazareno…

C’è poi l’altra parte della barricata; bisogna anche capire cosa abbia spinto Enrico Letta a stringersi così con il pericoloso alleato. Si, alleato, perché il Pd senza il Movimento 5 Stelle a livello nazionale non ha una speranza che sia una di contrastare il centrodestra alle prossime politiche. Ma anche sull’ancor più vicina battaglia per il Quirinale. Su cui questa scelta di appoggiare Giuseppe Conte ha delle ripercussioni, immediate ed esplosive. Calenda e Renzi infatti hanno subito condannato la scelta del Nazareno ricreando quindi quella divisione già vista un mese fa nel voto contro il Ddl Zan, con Renzi assieme al centrodestra. Schieramento che si potrebbe così ricostituire alla quarta votazione per la scelta del Presidente della Repubblica.

Fibrillazione, tensione, nervosismo; di sicuro molte facce scontente. «Stiamo saldando questa alleanza su una debolezza…» è il perfetto commento postato su fb da una nota esponente del Pd romano. Di sicuro più lucida dei suoi stessi vertici.

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