Strappare lungo i bordi, la (meravigliosa) serie animata di Zerocalcare – La recensione no spoiler

Strappare lungo i bordi Zerocalcare

C’era una faccenda di primaria importanza, che volteggiava come un falco pellegrino su Strappare lungo i bordi, la serie animata scritta e diretta da Zerocalcare e in uscita su Netflix il 17 novembre. Quanto ci sarebbe stato davvero, dentro, di Zerocalcare, del suo mondo, dei temi a lui cari, dell’entropia naif di Secco, delle citazioni pop, di quel suo modo di farti ridere, pensare, commuoverti, e poi daccapo, nuovo giro? Perché abbiamo visto tanti personaggi dei fumetti sciogliersi in trasposizioni animate non all’altezza del nome che portavano, e c’è pur stata quella cosa del film, che senza la partecipazione diretta dell’autore, beh, sapete com’è andata. Timori legittimi, che ora potete buttare nel cestino e rilassarvi: i sei episodi di Strappare lungo i bordi non solo sono pura farina del sacco di Zerocalcare, ma aggiungono a quel mondo anche un livello in più. Che contribuirà, insieme al resto, a farvi ridere, pensare, commuovervi etc, e poi daccapo, sì.

Strappare lungo i bordi Zerocalcare

GLIAFAMO? GLIAFAMO

E quindi da un lato i timori del pubblico, dall’altra quelli probabilmente – tipici di una vigilia – dello stesso Zerocalcare, che ha sempre fatto di tutto per non deluderlo, quel pubblico, per restare se stesso, per continuare a raccontare le cose sue – e un po’ di tutti noi – a modo suo, si sciolgono in un abbraccio liberatorio. Perché Strappare lungo i bordi, non si fosse capito, è una bomba. Mi sono giocato subito l’azzardo del paragone con BoJack Horseman, nel sottotitolo di questa recensione, perché non mi venivano in mente su due piedi molte altre serie animate in grado di farti star male dalle risate il secondo prima e poi farti star male punto, due secondi dopo. Per poi metterti una mano sulla spalla e dirti Dai, su, ce la facciamo (qui gliafàmo).

Chi conosce i fumetti di Michele, chi ha seguito la sua carriera, sa che funziona così, quel mondo. Ridi dei fagiani, ti si strugge il cuore, ti fermi a riflettere. E ti ripeti “Ma sta parlando di me!”, come nel meme con Gerry Scotti. E qui c’è tutto questo. Zero, Secco e Sarah fanno fronte a un evento che scorre, come trama portante, in tutti e sei gli episodi, da 15 minuti circa l’uno. E Secco vuole andare a mangiare un gelato, sì.

La storia riprende alcuni spunti di graphic novel precedenti dell’autore – non vi dico quali per non sganciare suggerimenti, e no, alfieri de “il graphic novel al maschile” non mi avrete mai – e la imbottisce con un turbine di pensieri a ruota libera, citazioni, gag meravigliose. Non vi verrà mai più voglia di entrare in un bagno pubblico o di poggiare qualcosa su un divano di casa, ma meravigliose.

Strappare lungo i bordi Zerocalcare

LA COSCIENZA DI ZERO (NON RENATO)

La scelta di far doppiare quasi tutti i personaggi dallo stesso Zerocalcare (con l’eccezione dell’Armadillo, che ha la voce di Valerio Mastandrea e di… beh, lo scoprirete da soli) è coraggiosa, perché si poteva rischiare di appesantire la fruizione, ma alla fine assolutamente sensata. Paga, perché aiuta tantissimo a calarsi nell’atmosfera giusta, eliminando alla radice il problema della “voce che diamo nel cervello ai personaggi dei fumetti”, che non è mai uguale a quella che poi sentiamo. Ma qui, quei personaggi, quelle storie, su carta tendiamo a leggerli con la parlata in romanesco dell’autore; avevamo già visto d’altronde qualcosa di simile nei corti in TV per Propaganda, sulla pandemia. Eravamo insomma pronti. E non dovendo abituarti a nulla, non essendoci periodo di adattamento, ti metti lì… e la visione ti mette sotto.

Si è detto tante volte che in pochi sono riusciti a rendere così bene il senso di questa generazione indistinta di trenta-quarantenni alle prese con un mondo meno solido di quello in cui si muovevano i loro genitori. Si è detto anche che Michele Rech è tra i pochi autori il cui impegno sociale è sempre palpabile. Se sono frequenti nelle sue storie metafore e immagini in cui si dà corpo al tessuto di rapporti umani, a questa cosa del tenersi a galla a vicenda nel vuoto pneumatico di un presente non sempre semplice, è proprio perché non è per lui solo un escamotage narrativo consolidato. Lo vedi, lo leggi (e qui lo ascolti) che quelle cose gli stanno a cuore. Che lui è quello.

Strappare lungo i bordi Zerocalcare

QUEL QUALCOSA IN PIÙ

È difficile non voler bene a Zero, laddove per difficile intendo impossibile. Ed è difficilimpossibile non innamorarsi di una serie come Strappare lungo i bordi, peraltro girata molto bene e con svariati tocchi di classe che in molte produzioni USA da uno stile volutamente più spiccio si sognano. La faccenda della messa a fuoco, quella trovata bellissima dell’inquadratura che resta a bordo del treno… Un plauso a Movimenti Production, che ha realizzato la serie in collaborazione con BAO Publishing, riprendendo e animando alla perfezione il character design tipico dell’autore.

E poi c’è il livello aggiuntivo di cui parlavo sopra: il bombardamento acustico. Siamo abituati a fruire quel tipo di gag al nostro ritmo da lettori, e ognuno c’ha il suo. Ma qui il ritmo è imposto dall’alto, e vieni sottoposto a un fuoco di sbarramento di battute. A volte, letteralmente, non fai a tempo a riprendere fiato. Non cadrò nel facile tracobetto da Goonies del dire che questo è meglio di quell’altro: sono media diversi, e qui è stata sfruttata la peculiarità di quello audiovisivo. E pure qua, magari ci saranno altri paragoni possibile, ma io su BoJack Horseman ci ho lasciato il cuore, cosa vi devo dire: e da allora una serie animata non mi gettava in un maelstrom simile di sorrisi, sensazioni, sentimenti, pensieri.

Strappare lungo i bordi Zerocalcare

E insomma, se è vero come è vero che non abbiam bisogno di parole per spiegare quello che è nascosto infondo al nostro cuore, come recitava il grande poeta Rosalino Cellamare detto Ron, di parole credo di averne usate già tante. Strappare lungo i bordi vi piacerà, se proprio non avete una pattumiera al posto dell’organo cardiaco, e il problema sarà semmai che ne vorrete ancora. E allora facciamo in modo che la cosa vada avanti, ok? Ok.

Sì, Secco, il gelato. Capito.

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