Quest’anno la befana porterà a Greta Thunberg del carbone

Il governo del Regno Unito ha dato il via, dopo anni di diatribe con gli ambientalisti capitanati da Greta Thunberg, all’apertura di una nuova miniera di carbone vicino a Whitehaven, una piccola città costiera della Cumbria, appena ad ovest del Lake District National Park.

Il governo inglese ha ritenuto più importanti le ricadute occupazionali, oltre 500 posti di lavoro, e l’indotto economico prodotto dalla miniera, rispetto al “dramma climatico” paventato dagli ambientalisti.

Naturalmente ai seguaci di Greta Thunberg non è bastato il progetto di ‘carbon sink‘ previsto dall’azienda per abbattere le emissioni dell’impianto attraverso la piantumazione, ogni anno, di 250.000 alberi. In aggiunta ad una serie di accorgimenti, a partire dalla coltivazione in sotterraneo, che mirano a ridurre l’impatto ambientale dell’impianto. Costi resi possibili anche dall’elevato prezzo della materia prima che diversamente non avrebbe reso economicamente sostenibile l’attività estrattiva.

Ma ci sono altre considerazioni, sostanziali, che rendono le proteste degli ambientalisti prive di fondamento: a cominciare dal fatto che il carbone che West Cumbria Mining è intenzionata a produrre è… metallurgico, cioè una materia prima per la produzione dell’acciaio. Quello che si produrrà a Whitehaven non sarà carbone termico, utilizzato per generare il vapore che alimenta le turbine da cui si sviluppa elettricità, ma un combustibile a base di carbone, noto come coke, utilizzato assieme al minerale di ferro per la produzione di acciaio. E, visto l’intento espresso dai vari governi succedutisi in questi anni, di trasformare il Regno Unito nell’Arabia Saudita del vento, il progetto di Whitehaven avrebbe anche una sua razionalità.

Per produrre energia elettrica dal vento servono le turbine eoliche le quali, per essere costruite, richiedono oltre 100 tonnellate di acciaio per ogni megawatt (MW) di potenza installata. Ad esempio le turbine di Seagreen, il campo eolico a 27 chilometri dalla costa di Angus, nella Scozia orientale, che sta entrando in funzione in questo periodo, sono ciascuna da 10 megawatt di potenza e ce ne sono 114. Non serve fare grandi calcoli per rendersi conto che sono state necessarie almeno 120.000 tonnellate di acciaio. Inoltre l’attuale tecnologia produttiva dell’acciaio è dominata per oltre il 70% dall’altoforno associato a un forno a ossigeno basico e non esiste un sistema semplice per passare ad una nuova tecnologia come il forno elettrico ad arco, ( Per Andrea qui se fosse possibile dovresti linkare l’articolo “Le sfide (im)possibili dell’acciaio verde”) il che significa che se vogliamo costruire le turbine per produrre energia “verde”, nei prossimi decenni, dobbiamo farlo con il carbone.

L’Unione Europea, nel 2022, ha consumato 56 milioni di tonnellate (Mt) di carbone metallurgico, ne ha prodotto 14 Mt, e ne ha importato, via mare, 55 Mt, prevalentemente dall’Australia ed in misura minore rispettivamente da Stati Uniti e Russia. L’UE, nel mese di agosto, ha formalmente adottato il quinto pacchetto di sanzioni contro la Russia che comprende il divieto di importazione di carbone, che rappresenta circa il 30% delle importazioni europee di carbone metallurgico. Il Regno Unito ha dichiarato che avrebbe vietato, entro la fine di quest’anno, le importazioni di carbone russo. Anche da questo punto di vista l’idea di garantirsi una fornitura “a chilometri zero” visto che le portarinfuse che arrivano dall’Australia o dagli USA non viaggiano con le vele ma con motori alimentati da combustibili fossili non sembra, anch’essa, priva di una sua razionalità.

Naturalmente negli auspici degli ambientalisti c’è l’utilizzo dell’acciaio verde, la cui adozione, però, presenta ancora dei problemi di non facile e soprattutto non immediata soluzione. L’aggiornamento delle infrastrutture esistenti per sviluppare un ecosistema basato sull’idrogeno verde costerà poco meno di un triliardo di dollari ma, soprattutto, serve un minerale di ferro di altissima qualità. Infatti i forni elettrici ad arco per produrre l’acciaio verde necessitano di un minerale con un contenuto in ferro particolarmente elevato, almeno il 67%, che, per quanto il ferro non sia raro, le miniere che possono produrre questo tipo di minerale, nel Pianeta, sono limitate.

Si resta quindi interdetti scoprendo che l’organizzazione benefica fondata nel nome di Greta Thunberg ha donato 158.000 sterline per coprire le spese legali degli indigeni Sámi che vivono nel nord artico della Svezia al fine di opporsi all’apertura proprio di una di queste miniere di ferro da parte di compagnia mineraria britannica, Beowulf Mining, perchè sull’area del giacimento ha sede un allevamento di renne. La qualità del minerale di ferro del Kallak North Iron Ore Project è altissima: esattamente quella che serve per produrre l’acciaio verde e la Svezia ha investito centinaia di miliardi di corone nelle sue contee più settentrionali, Norrbotten e Västerbotten, che hanno condizioni uniche per questo tipo di progetto: accesso ad energie rinnovabili, il minerale di ferro di più alta qualità d’Europa e un’industria siderurgica specializzata e innovativa.

Con il massimo rispetto per le renne e la comunità Sámi è doveroso osservare che i depositi minerali sono fenomeni geologici unici. La National Academy of Sciences ha dato una misura di quanto siano rari i depositi minerari: “Solo una porzione molto piccola della crosta continentale terrestre, meno dello 0,01% contiene depositi economicamente vitali”. Pertanto, le miniere possono essere localizzate solo in quei pochi luoghi in cui si sono formati depositi economicamente sostenibili. Fornire la materia prima ad una catena di approvvigionamento significa avere accesso allo sviluppo di questi giacimenti minerari ed essere in grado di autorizzare i progetti in modo tempestivo.

Ma nonostante i piani per un’operazione mineraria a basse emissioni di carbonio, nonostante sia funzionale agli obbiettivi climatici della decarbonizzazione di un’industria hard-to-abate come quella siderurgica, il progetto resta circondato da polemiche e da vertenze legali.

Eppure, minerali e metalli sono gli elementi costitutivi di tutta la nostra società, sono ciò che ha permesso all’Europa di diventare quello che è. A rendere l’Europa un luogo ostile alle nuove miniere sono state le nostre scelte ambientali.

Diventa pertanto evidente la ragione per cui acquistiamo tecnologie green dalla Cina per produrre “energia verde” o adottare la “mobilità sostenibile”: abbiamo, convenientemente, spostato i costi ambientali e sociali all’estero, lontano dagli occhi e dalla coscienza.

E quanto sta accadendo è esattamente ciò che alcune parti della società vogliono. L’ideologia climatica si basa sulla rinuncia e sulla deindustrializzazione. Questa è solo una minoranza, ma per qualche ragione la maggioranza resta silenziosa. Forse, come ritiene Akio Toyoda, “pensano che sia la tendenza, quindi non possono parlare ad alta voce”.

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