Nitrati e conservanti mandano all’ospedale due famiglie. L’Oms: «sono cancerogeni»

Due famiglie in ospedale tra Brindisi e Firenze a causa di una partita di tonno trattata con un eccesso di conservanti a base di nitrati, tanto che il ministero della Salute ha provveduto a ritirare l’intero lotto: la vicenda ha riportato d’attualità il tema dell’utilizzo di nitriti e nitrati negli alimenti confezionati. Si tratta di conservanti chimici che vengono usati in particolare per colorare di rosa prodotti come il tonno e i salumi, che altrimenti sarebbero di colore grigio.

L’utilizzo di questi prodotti è legittimo e viene consentito anche per motivi “cosmetici”, cioè per dare alla carne o ai tranci di pesce un aspetto più appetitoso: tuttavia, nel caso della partita di tonno a pinne gialle ritirata dal ministero – il lotto 20082117/21 confezionato sottovuoto dalla “Ittica Zu Pietro srl” di Bisceglie e venduto in tutta Italia – i carabinieri dei Nas vogliono verificare se l’additivo chimico sia stato usato in quantità eccessiva, forse per mascherare il fatto che la materia prima non fosse proprio freschissima. Il rischio per chi ingerisce troppi nitrati è infatti di sviluppare la cosiddetta sindrome anossica, che può provocare sintomi come malessere generale, arrossamento della pelle, cefalea pulsante, disturbi addominali fino ad arrivare, nei casi più gravi, alla perdita della vista.

Da tempo gli effetti negativi di questi conservanti, che l’Oms ha inserito nella lista delle sostanze cancerogene, sono noti, e la vicenda della partita di tonno ritirata ha riacceso i riflettori sui rischi.”Le diverse intossicazioni alimentari di questi giorni, prima a Firenze e poi in provincia di Brindisi, legate a una partita di tonno trattato con nitrati, ci devono far riflettere sull’uso di conservanti come nitriti e nitrati in molti altri alimenti”, ha fatto sapere il presidente del Codacons, Gianluca Di Ascenzo. “Un consumo eccessivo di carni rosse, specie lavorate, come i salumi, può aumentare il rischio di sviluppare alcuni tumori in modo proporzionale alla quantità e frequenza dei consumi. L’uso di questi conservanti serve a dare il colore rosa agli alimenti, ma la salute dei consumatori viene prima di qualsiasi altro interesse e un’alternativa è possibile, come testimoniano le linee di salumi ‘nitriti e nitrati free’ già in commercio. Occorre valorizzare, poi, il made in Italy e la produzione di eccellenza”, ha aggiunto Di Ascenzo.

Già nel 2015 l’Iarc – l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro – aveva definito le carni lavorate cancerogene, inserendole nel gruppo 1 delle sostanze che possono causare il tumore, in compagnia di fumo, alcol, arsenico e benzene. Sotto accusa ci sono proprio i nitriti e i nitrati, sali di azoto usati da anni nell’industria degli insaccati per garantirne il colore rosa: per farlo viene usato in particolare il nitrito di sodio. Una volta ingeriti, però, i nitriti possono trasformarsi in nitrosammine, elemento potenzialmente cancerogeno. A loro volta i nitrati, di base innocui, possono trasformarsi in nitriti se entrano in contatto con il calore o microrganismi come quelli contenuti nella saliva. La legge italiana ammette l’uso dei nitriti nei salumi durante la lavorazione a patto che non superino i 150 mg per ogni chilo di prodotto.

Secondo uno studio della Cancer Epidemiology Unit dell’università di Oxford una porzione giornaliera di 25 grammi di carni lavorate – pari a tre fette di insaccati – può portare a un aumento del 19% del rischio di sviluppare il cancro del colon-retto. E per i bambini i pericoli sono anche maggiori. In Francia una commissione d’inchiesta è arrivata a conclusioni analoghe, mentre da parte sua l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa, con sede a Parma) ha mitigato l’allarme, sostenendo che le “nitrosammine che si formano nel corpo dai nitriti aggiunti nei prodotti a base di carne ai livelli consentiti sono di bassa preoccupazione per la salute umana”. Una posizione che secondo alcuni detrattori dei conservanti a base di nitrati sarebbe però parziale, perché non terrebbe conto dei rischi legati ad altri composti, come il ferro nitrosilato, che si sviluppa quando il ferro eme, contenuto nei cibi, viene a contatto con i nitriti.
Del tema si occupa da tempo il documentarista francese Guillaume Coudray, che da di recente ha ripubblicato con dati aggiornati un’inchiesta, dall’eloquente titolo “Who poisoned your bacon sandwich? The dangerous history of meat additives” (Chi ha avvelenato il tuo sandwich con il bacon? La pericolosa storia degli additivi nella carne”). In particolare, spiega Coudray, sarebbe privo di fondamento uno degli argomenti principali usati dall’industria degli insaccati per giustificare l’uso di questi conservanti, cioè la necessità di evitare il botulismo. Non solo: produrre salumi senza nitriti è certamente possibile, anche se più costoso. Lo provano esempi virtuosi di insaccati fatti in tutta Europa – dal chorizo spagnolo alla pancetta inglese e danese – fino ovviamente alle eccellenze italiane. I prosciutti secchi di Parma e San Daniele sono infatti realizzati senza usare nitrati o nitriti: la qualità del made in Italy si dimostra benefica anche per la salute.

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