Luciana Littizzetto attaccando la docente di Rovigo fa male alla scuola

Fa ancora discutere il caso della docente di Rovigo colpita in aula da proiettili di una pistola ad aria compressa. Questa volta perché Luciana Littizzetto ha individuato nella debolezza e nella mancanza di empatia di alcuni docenti le responsabilità di gesti come questo. Facendo un torto al buon senso.Insomma, se l’è cercata. La docente colpita con una pistola ad aria compressa mentre stava facendo lezione a quanto pare odorava di debolezza, e se i ragazzi “fiutano la debolezza”, poi colpiscono. E così, come una vittima di molestie ha la colpa di vestire provocante, anche il docente poco empatico, o debole, paga dazio.

Il sillogismo non è di Luciana Littizzetto, ma il procedimento da un caso all’altro logicamente non fa una piega, purtroppo, a dimostrazione del fatto che le parole della Littizzetto riguardo alla vicenda di cronaca che vede coinvolta una professoressa di Rovigo e gli alunni della sua classe sono straordinariamente infelici.

E’ accaduto che alcuni ragazzi abbiano sparato con una pistola a pallini di gomma, durante un’ora di lezione, probabilmente per girare un video da mettere sui social. In aggiunta, la classe è stata chiamata a spiegare l’accaduto, non ha preso posizione e non sono emersi nomi e responsabilità. Il fatto è grave da ogni angolazione si consideri e mostra un sistema scolastico fragile, ormai ostaggio di un impianto educativo allo sbando, incapace di favorire rispetto, ruoli e atteggiamento decoroso quando è opportuno, incapace di far leva sulla collaborazione di chi si trova e dovrebbe guardare nella stessa direzione.

In questo quadro desolante, si inserisce l’intervento della nota comica Luciana Littizzetto che però ha preferito guardare ai docenti e alle loro responsabilità, ricordando che alcuni sono deboli, che alcuni dovrebbero cambiare mestiere, che altri sono poco empatici. Per quanto anche il corpo docente rappresenti un tema da approfondire se si dovesse ripensare la scuola, a commento di quanto avvenuto appare totalmente fuori luogo, addirittura irrispettoso nei confronti di un’insegnante che ha vissuto un trauma e che ha paura a rientrare in classe.

Innanzitutto, si dovrebbe evitare di commentare un fatto di violenza con l’enfasi che spetta a una storiella, in questo caso facendo della scuola ancora una volta uno stereotipo in cui si parla di energumeni e non di studenti, fino al proverbiale – quanto assente, alla prova dei fatti – lancio dei gessetti. Una rappresentazione pittoresca, triste e stirata della scuola.

Sarebbe utile, al contrario, mostrarne tutta la complessità: il disagio sociale di alcuni, le condizioni limite in cui lavorano molti insegnanti, la preparazione deficitaria di un corpo docente mandato in classe con poco stipendio e ancor meno preparazione alla gestione della classe e la mancanza di qualsiasi tipo di selezione in ingresso, al di là di qualche esame formale necessario per abilitarsi che prima o poi tutti superano, o per meriti o per anzianità.

Avendo visibilità ed esperienza sul campo, come Littizzetto dice di avere e in effetti ha, con un microfono e una telecamera capaci di parlare a tutta l’Italia a disposizione, sarebbe lodevole spendersi per la scuola invocando classi a numero ridotto, assunzioni di psicologi a migliaia, revisione del sistema scolastico dagli edifici al reclutamento.

Invece la comica si è limitata a un bozzetto caricaturale, ricordando che a lei “non ha mai sparato nessuno” e chiudendo il discorso con una rappresentazione vera, ma melensa, del bravo docente che è empatico, dialoga con la classe e quindi non viene preso a pistolettate. Littizzetto dimentica però, o quantomeno lascia cadere, che un gesto violento non ha necessariamente una ragione, un movente, ma proviene spesso da un disagio più profondo, oda un vuoto vertiginoso di valori e di disimpegno che porta a compiere azioni scriteriate, come è quella di sparare a un docente, fosse anche con una pistola a pallini di gomma, fosse anche un pessimo docente. O no?

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