Julie Christie l’antidiva compie 80 anni

(di Giorgio Gosetti) Nella sua fattoria nella campagna del
Galles, Julie Frances Christie domani compie 80 anni. L’attrice
che Al Pacino definiva la diva «più poetica del mondo» potrebbe
apparire come un’antica foto scolorita nella memoria di tanti
spettatori, ma bastano pochi titoli della sua carriera per far
risplendere una dolcezza languida, una bellezza modernissima, un
talento cristallino che sta nella storia del cinema: “Darling”
di John Schlesinger che la porta all’Oscar nel 1966; “Il dottor
Zivago” di David Lean, “Fahrenheit 45” di François Truffaut, “Via dalla pazza folla” (ancora Schlesinger che con tre film è
il suo vero pigmalione), “Messaggero d’amore” di Joseph Losey, “A Venezia un dicembre rosso shocking” di Nick Roeg: in un solo
decennio (tra il 1963 e il 1973) diventa l’icona del Free Cinema
inglese, una star a Hollywood, il volto di un cinema inglese che
conquista il mondo.
    Julie Christie è nata in India, a Chabua nell’Assam, il 14
aprile 1940, figlia di un piantatore di tea in quello che era
ancora Impero Britannico e di una pittrice gallese, Rosemary,
che la portò in Europa ancora bambina dopo la separazione dal
marito. Battezzata col rito anglicano, studentessa in un
collegio religioso (da cui viene espulsa), trova la sua strada a
Londra, alla Central School of Speech and Drama, autentica
istituzione del teatro inglese e da qui riesce a ottenere il
primo ruolo nella serie tv “A for Andromeda” del 1961. Il grande
successo di questo sceneggiato le permette di candidarsi al
cinema dove Ken Annakin la sceglie nel cast di “Julie, perché
non vuoi” del 1962. Perde la sfida con Ursula Andress per il
primo film della serie 007 (ma è una fortuna, perché ha davvero
poco della Bond Girl) e la chiama invece Joh Schlesinger per “Billy il bugiardo”, a caccia di una giovane attrice visto che è
rimasto a terra dopo il rifiuto della prima candidata. In coppia
con Tom Courtenay diventa subito il simbolo della Swinging
London, giovane, bella, arrabbiata e ribelle alla tradizione
inglese. Sono gli anni della generazione hippie, del libero
amore, del rifiuto del capitalismo e della conservazione.
    Julie si ritrova in pieno in questo modo di viere che le
apparterrà del resto per tutta la vita. Nel ’65 fa il grande
salto grazie ai suoi maestri (Schlesinger e Lean) con
l’accoppiata “Darling”e “Zivago”.
    All’inizio degli anni’70 sbarca stabilmente in America, si lega
sentimentalmente a Warren Beatty (con cui fa coppia nel
meraviglioso “I compari” di Robert Altman che le vale una
seconda nomination all’Oscar). Non ha un carattere facile (“era
meravigliosa – ricorda Beatty – ma anche la donna più nervosa
che ho mai incontrato”), detesta il ruolo della star (“era come
vivere con del chewing-gum nei capelli”), ma dopo il successo de “Il paradiso può attendere” tronca di netto la sua vita
americana e si rifugia nel Galles, tra le pecore e le galline
della sua fattoria.
    Da allora ha sempre accettato pochi e selezionati copioni per il
cinema, spesso preferendo dei “cammei” o dei ruoli secondari
come in “Prigioniero del passato” di Alan Bates o “Calore e
polvere” di James Ivory. Rifiuta la parte in “American Gigolo”,
accetta l’offerta di Kenneth Branagh per la sua unica
apparizione scespiriana (“Hamlet”), bussa per la terza volta
all’Oscar con “Afterglow” di Alan Rudolph nel 1997.
    Da allora ha giocato con il suo mito in piccoli ruoli da “Troy”
a “Harry Potter”, ma solo due volte è tornata al centro della
scena: nel 2006 con “Away from Her” in cui interpreta una donna
malata di Alzheimer (da cui è nata la leggenda ricorrente che
soffra dello stesso male) e con “La regola del silenzio” del
2012 per cui non ha saputo negarsi al grande amico Robert
Redford.
    Quando sta a Londra vive in un appartamentino anonimo del West
End insieme al suo compagno, il giornalista Duncan Campbell, va
a fare la spesa in autobus e, appena può, torna in campagna.
    “Recitare – ha detto in una delle sue rare interviste – mi
portava via dalla vita vera che io volevo. Non sono mai stata,
purtroppo, un’attrice totalmente devota a questo mestiere. Non
ho nulla contro l’edonismo perché la vita è bella e va vissuta,
ma ognuno ha i suoi piaceri. Il mio non è sotto i riflettori”.
    Bionda, capace di mutare lo sguardo dall’ironia alla passione,
dalla risata al pianto, capace di arricciare la bocca bellissima
per assecondare i profondi occhi azzurri, Julie Christie è ormai
un mito oltre la sua volontà: per la sua generazione almeno è la
portabandiera di un modo di vivere che rifiuta la convenzione,
crede nei valori, ama le persone o non le loro apparenze.
    Vegetariana, ambientalista, di idee progressiste, Julie è anche
oggi la donna che guarda il mondo e si dice: “Via dalla pazza
folla”.
   

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