Il lunedì nero del Pd che risveglia Letta dal sogno

È durato poco, anzi, pochissimo l’entusiasmo nel Pd. Dopo la domenica vissuta infatti con il morale a mille causa sondaggio di Ipsos che per la prima volta in 40 mesi (tre anni e mezzo quasi) dava il Partito Democratico come prima forza italiana meglio di Lega e Fratelli d’Italia ecco che è arrivato il lunedì del risveglio dal sogno.

La prima sberla arrivava da Torino dove si erano tenute le Primarie per la scelta del candidato sindaco. E, al di là del risultato, quello che facevo sprofondare mezzo Nazareno era il dato dell’affluenza: 11641 votanti. In sostanza una miseria per una città da 900 mila abitanti dove la sinistra storicamente la fa da padrone e dove alle comunali 2016 Fassino prese 170 mila voti.

Ed è con questo pensiero che il segretario Letta si dirigeva in un circolo di quartiere di Roma per accompagnare il candidato per il Campidoglio, Roberto Gualtieri, nel suo tour in periferia al grido di «basta con la sinistra delle Ztl». Il problema è che al suo arrivo, tolti giornalisti, polizia in borghese, curiosi di passaggio i presenti erano meno di 50, per lo più pensionati. Punto.

La difesa del Pd davanti ai primi due fiaschi di una giornata ancora lunga faceva sorridere. Per quanto riguarda Torino si faceva sapere che «meglio 11 mila a decidere che due-tre capi di partito» (che, detto dai principi delle «correnti» è roba da cabaret); e sul deserto di Tor Bella Monaca invece si spiegava che si trattava di un «incontro e non un comizio»…

La terza spallata arrivava in serata. L’abituale sondaggio del lunedì di Swg per il Tg de La7 riportava i numeri al loro posto: Lega primo partito, seguita da Fratelli d’Italia. Pd, terza forza in calo dello 0,3% negli ultimi 7 giorni.

Sono le 20.30. La giornata volge al termine. Il Pd, il suo segretario, i suoi elettori devono fare i conti di nuovo con la realtà, con grossi problemi e zero entusiasmo. Ius Soli, Ddl Zan, Tassa di Successione sono proposte che non hanno spostato una virgola e più passa il tempo più si stringe il cerchio sulle alleanze in vista delle amministrative e delle politiche. Una parte del Pd non vuole saperne di unirsi a Conte ed al M5S (e viceversa), in più i numeri parlano chiaro: anche unendo tutte le forze delle sinistra compresi Renzi e Calenda il centrosinistra è sotto di 4 punti rispetto al centrodestra. Senza Renzi e Calenda il distacco arriva al 10%.

Per risollevarsi mancano idee, i leader e lo spazio politico ormai da una parte occupato da Draghi con la sola Meloni e prendersi i vantaggi dell’essere all’opposizione. Il Pd è un pugile all’angolo che ha solo sognato per una domenica.

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