Emily Blunt: la ragazza di Londra che si è presa Hollywood

Emily Blunt ad oggi può rivendicare una posizione di non indifferente importanza nell’industria cinematografica, grazie alla capacità di distinguersi per percorso e doti rispetto ad altre colleghe. Ora che torna in sala al fianco di Ryan Gosling in The Fall Guy – in anteprima nazionale il 26 aprile e dal 1° maggio al cinema – forse è il caso di riavvolgere il nastro e guardare a come questa ragazza londinese, che cominciò in piccole pellicole indipendenti, sia diventata uno dei volti femminili più importanti di oggi.

Dall’indie d’autore alle grandi produzioni hollywoodiane

Figlia d’arte Emily Blunt e anche questo ha di solito un peso diciamocelo. La madre Joanna era un ex attrice, la indirizzò fin dalla giovane età verso quella passione, che Emily approfondì come di solito si usa oltremanica: sul palco teatrale. Da Shakespeare e piccole produzioni e parti di contorno, anche nel panorama televisivo dei primi anni 2000, poi vent’anni fa la svolta in quel My Summer of Love di Paweł Pawlikowski che è e rimane ancora oggi uno dei migliori esempi di commedia indie britannica. Il film le fa vestire i panni di una ragazza annoiata dell’alta borghesia, che manipola una Natalie Press assieme alla quale forma un melò lesbo che lascia il segno. Pochi mesi dopo è in Gideon’s Daughter, che le frutterà di lì a qualche tempo quel Golden Globe, che ad oggi è l’unico riconoscimento di rilievo che è riuscita ad impugnare, a dispetto di tante, tantissime candidature in ogni dove. Una piccola maledizione ha scritto certa stampa britannica, riferendosi anche all’ultima, non vincente, candidatura dell’Academy per Oppenheimer, la moglie del geniale fisico, altro personaggio in cui ha dovuto confrontarsi con una femminilità atipica, distante dalla classicità al di là delle apparenze. Il che poi a guardare la sua cinematografia, esplosa a livello globale con Il Diavolo veste Prada nel 2006, con quella Emily Charlton che le fa quasi mettere in ombra Anne Hathaway, è un po’ il tratto comune del suo percorso. In lei vi è qualcosa di Julie Andrews, di Emma Thompson, ma col tempo Emily è diventata una di quelle attrici capaci di uscire dal british style puro e semplice. Di quel percorso l’apice è stato The Young Victoria, seguito da Wolfman, Il Club di Jane Austen. Intanto, mostrava di sapere essere un volto da commedia anche moderna non da nulla, naturalmente anche da rom com, con L’amore secondo Dan, che precede quel percorso tra blockbuster e grandi produzioni da cui non è sempre uscita indenne, ma certamente non per colpa sua.

Mille volti e mille storie diverse, ma la commedia regna sovrana.

I Guardiani del Destino anticipa la partecipazione a due tra le migliori pellicole di fantascienza del decennio come Looper e Edge of Tomorrow, dove si toglie di dosso i vestiti della birbantella un po’ sexy e diventa una guerriera. Il punto d’incontro tra questi due estremi è ad oggi la sua miglior interpretazione: l’agente dell’FBI Kate Macer in Sicario di Villeneuve, criminalmente ignorata dall’Academy. Ancora oggi fa tremare i polsi come sia riuscita a coniugare forza, idealismo, con una fragilità e una disillusione totali, ad essere credibile in ogni minuti in questo Odissea del male. La doppia presenza nei mediocri fantasy su Biancaneve vanno visti come il prezzo da pagare allo star system, lo stesso che poi l’ha fatta finire in quel tremendo Jungle Cruise da cui però è sempre uscita indenne per simpatia, bravura, affezione da parte di un pubblico le ha perdonato anche passi falsi come, La ragazza del treno e Il profumo dell’erba selvatica. Se il sequel su Mary Poppins ha funzionato è stato di base grazie a lei, mattatrice assoluta. Poi ecco che con il marito John Krasinski ci dona una perla horror sci-fi che nel suo piccolo ha fatto la storia: il doppio appuntamento con ferocissimi alieni e il silenzio di A Quiet Place. Anche lì, la sua espressività e capacità di convincere in ogni istante, hanno fatto la differenza. Horror, thriller, dramma storico, sci-fi, ma è la commedia il suo vero habitat, nelle sue varie forme e variazioni, come visto quest’anno con Pain Hustlers – Il business del dolore, insidiato solo dalla sua capacità di essere perfetta nei drammi in costume, con la sua bellezza molto classica, quasi da melodramma del cinema che fu. Ora c’è solo da aspettarla nel film di David Leitch, che promette di essere un’action comedy di quelle da non perdere, fatto ancora più importante visto l’abisso toccato dal genere come Ghosted. Forse le è ancora mancato il grande, grandissimo ruolo, a volte è quasi una character actress, ma non importa, è solo questione di tempo.

Diretto da Devid Leitch (Deadpool 2, Atomica Bionda, Fast & Furious: Hobbs & Shaw, Bullet Train), The Fall Guy è ispirato alla classica serie anni ’80 Professione pericolo. La trama devierà da quella della serie, in cui Lee Majors interpretava Colt Seavers, uno stuntman che come secondo lavoro faceva il cacciatore di taglie. Il film sarà invece incentrato su uno stuntman malconcio e ormai a fine carriera che si ritrova nuovamente su un set cinematografico, accanto alla star a cui faceva da controfigura anni prima, e che lo ha sostituito con un altro. Quando la star scompare, il protagonista si mette sulle sue tracce.

Lui è uno stuntman, un eroe della classe lavoratrice che viene costantemente coinvolto in esplosioni, sparatorie, incidenti automobilistici e cadute da altezze vertiginose, tutto per il nostro intrattenimento. Dopo essersi ripreso da un incidente che avrebbe potuto mettere fine alla sua carriera, si trova ad affrontare una nuova sfida: rintracciare una star del cinema scomparsa, svelare una cospirazione e cercare di riconquistare l’amore della sua vita, il tutto continuando a svolgere il suo lavoro quotidiano. Nonostante le difficoltà, lui è determinato a farcela. Cosa potrebbe andare storto?

Nel cast troviamo Ryan Gosling, Emily Blunt, Aaron Taylor-Johnson, Stephanie Hsu, Hannah Waddingham e Winston Duke.

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