Tumore al seno, una nuova cura riduce del 25% il rischio di recidive

 Nel tumore della mammella in stadio iniziale, una nuova terapia mirata riduce significativamente il rischio di recidiva del 25%. Si tratta di una terapia adiuvante, cioè successiva alla chirurgia, con la molecola ribociclib associata alla terapia ormonale. I dati, dello studio di fase 3 Natalee, in pubblicazione sul New England journal of Medicine, sono presentati al congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco).
    Lo studio è stato condotto su oltre 5mila pazienti e riguarda donne (ma anche uomini) colpite da tumore al seno positivo per i recettori ormonali e negativo per il recettore Her 2, ovvero il tipo più diffuso di tumore al seno rappresentando i due terzi dei casi totali.
    “Nel 2022, in Italia, sono stati stimati 55.700 nuovi casi di carcinoma della mammella, il più frequente in tutta la popolazione – afferma Saverio Cinieri, Presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica Aiom -. La terapia adiuvante della malattia operata può essere considerata uno dei maggiori successi in oncologia negli ultimi trent’anni e la sopravvivenza a 5 anni raggiunge l’88% e pone il nostro Paese ai vertici in Europa. Purtroppo, però, per molte pazienti in generale non vi sono strumenti efficaci per ridurre in maniera sostanziale il rischio di recidiva. I risultati significativi di questo studio mostrano il potenziale di ribociclib di cambiare la pratica clinica”.
    “Ci auguriamo che la disponibilità della terapia avvenga quanto prima, perché potremo offrire un’opportunità terapeutica efficace a una grande platea di pazienti. Circa 20mila donne ogni anno, in Italia”, ha sottolineato Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare, Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli.
    Secondo Fabio Puglisi, direttore del Dipartimento di Oncologia Medica all’Irccs di Aviano, “le pazienti con questo tipo di tumore della mammella restano a rischio di recidiva, perché la malattia si ripresenta in un terzo dei casi inizialmente in stadio II e nella metà di quelli esorditi in stadio III. I dati dello studio Natalee – conclude – rappresentano dunque un ulteriore passo avanti per portare a guarigione un maggior numero di pazienti”. 
   

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