Troppa gente impreparata sull’Everest, dal 2024 potrebbe essere necessaria la “patente”

Almeno dodici alpinisti sono morti e altre cinque sono dispersi, ma si teme siano anch’essi spirati, mentre cercavano di scalare gli 8.849 metri del Monte Everest durante la stagione delle arrampicate che si è appena conclusa, la più mortale da quando, nel 2015, un terremoto aveva provocato una valanga che uccise 18 persone. Un numero crescente come quello delle autorizzazioni rilasciate, o per meglio dire vendute: nel 2023 il Nepal ha dato il numero record di 478 permessi per l’Everest e centinaia di persone sono arrivate in vetta. Ma più dell’ambiente ostile, a uccidere è l’insufficiente esperienza di molti alpinisti che dietro pagamento vengono guidati in scalata sulla montagna più alta del mondo. Lo ha dichiarato Guy Cotter, 69 anni, neo-zelandese guida alpina veterana: «I clienti – ha spiegato Cotter – dovrebbero possedere una preparazione minima standard e la certificazione di aver condotto ascensioni precedenti complesse e impegnative prima di venire sull’Everest».

Secondo le notizie raccolte e poi diffuse dal governo nepalese, nell’aprile scorso tre alpinisti sherpa sono stati uccisi travolti da valanghe di ghiaccio mentre erano ancora nella parte inferiore della montagna, mentre le altre vittime sono morte per malattia o eccessiva stanchezza. Il Nepal ha regolamentato le scalate verso le vette dell’Himalayana, insistendo affinché tutti ottengano almeno un permesso basato sull’accreditamento di imprese pregresse. Bigyan Koirala, un funzionario del Dipartimento del turismo che sovrintende all’arrampicata, ha affermato che il governo sta prendendo in considerazione l’adozione di ulteriori regolamenti, ma non ha fornito dettagli. Tuttavia secondo Cotter anche gli operatori locali che guidano i clienti verso la montagna dovrebbero soddisfare sia gli standard minimi opportuni nell’utilizzo delle attrezzature specifiche, sia dimostrare competenze e capacità psicofisiche idonee. «Ci sono molti operatori che portano i clienti sull’Everest ma non capiscono come evitare che si verifichino incidenti, e quando le cose vanno male non hanno le capacità per affrontare i problemi”, ha concluso Cotter.

Nei primi cinque mesi dell’anno hanno preso il via 43 spedizioni con 466 alpinisti paganti – dei quali quasi cento provenienti dalla Cina e 87 dagli Usa – accompagnati da 645 guide sherpa. Secondo quanto riportato sul sito web del quotidiano locale The Himalayan, gli appassionati di arrampicata provengono da 65 nazioni diverse che si sono rivolte al Nepal poiché il Tibet, dalla pandemia di Covid a oggi, ha sbloccato il rilascio di permessi soltanto nell’aprile scorso. Qualche mese fa sui blog dedicati all’Everest era scoppiata una polemica riguardante la presenza ormai diffusa di un’accoglienza da hotel presso i campi base, con la presenza di chef e cucine attrezzate, cantine di vini, tende riscaldate con impianto tv via satellite, veri letti e possibilità di prenotare messaggi. Un rapido giro sul web conferma questa tendenza: si trovano subito società che pubblicizzano proposte di salita guidata, che nella versione vip prevedono scalate all’Everest senza rinunciare ai comfort. Così ogni anno aumenta il numero delle persone, circa 300, che vuole aggiungersi a quello delle quasi 11.400 che hanno già raggiunto il tetto del mondo.

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