Sport e Salute con Fondazione Irti per rieducazione detenuti

(ANSA) – ROMA, 07 LUG – Lo sport come strumento rieducativo.
    Sottoscritta allo stadio Olimpico di Roma, la convenzione fra
Sport e Salute Spa e Fondazione Nicola Irti, con l’obiettivo di
migliorare il benessere psico-fisico dei detenuti, incrementare
l’offerta sportiva e formativa negli istituti penitenziari con
un programma affidato a tecnici e allenatori qualificati,
rendere gli istituti penitenziari autonomi nelle attività
sportive attraverso la realizzazione di percorsi di formazione e
la dotazione di strutture. Su questi temi si è tenuto il
convegno ‘Rieducare-Lo sport come strumento di dialogo’, aperto
dal discorso del presidente e ad di Sport e Salute, Vito
Cozzoli. “La comunità si basa sulle persone e lo sport ha una
straordinaria capacità di promuovere la comunità. Vogliamo
promuovere un modello di società in cui lo sport sia una reale
protezione sociale e civile per tutti a prescindere da età,
condizioni economiche e sociali. Lo sport è uno strumento
fondamentale per il reinserimento dei detenuti. Stiamo
rilanciando il nostro modello territoriale, perché dobbiamo
intercettare il disagio sociale. Le politiche pubbliche non
possono fermarsi alle mura degli istituti penitenziari e le
attività ricreative, compreso lo sport, sono uno dei pilastri
della rieducazione del condannato. Rieducare con lo sport non
vuole essere uno slogan, ma una reale opportunità”. Nel 2021
Sport e Salute con il DAP aveva sottoscritto un protocollo con
l’obiettivo di ‘scattare’ una fotografia dell’attività sportiva
in carcere e da un lavoro comune insieme al DAP è nata idea
valorizzata dal prof. Irti di potenziare azioni e promozioni
dello sport nei carceri del Lazio e dell’Abruzzo. “Con Cozzoli
abbiamo subito tracciato le linee della nostra collaborazione –
spiega Irti, presidente dell’omonima fondazione – Lo Stato
condanna, ma è lo Stato a dover rieducare. Solo l’obbligo di
rieducare può giustificare il potere di punire un condannato da
parte dello Stato. Lo sport è regole e libertà insieme”.
    Conclusioni affidate a Carlo Renoldi, capo del DAP. “La
rieducazione non è come la solidarietà, non è altruismo
buonista. Rieducazione come preciso impegno dello Stato”.
    (ANSA).
   

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