Smile House, 25 anni dedicati a curare le malformazioni facciali

Oltre 100.000 pazienti trattati, di
cui oltre il 60% dei bambini italiani nati con labiopalatoschisi
o labbo leporino. Solo nel 2023, oltre 500 interventi chirurgici
eseguiti e migliaia di sedute di supporto psicologico, logopedia
e ortodonzia. Sono i numeri che raccontano 25 anni di impegno
della Smile House Fondazione ets, celebrati con una cerimonia
alla Camera dei Deputati. Un’occasione per ricordare i risultati
e rilanciare l’impegno in ricerca, formazione e riduzione della
migrazione sanitaria.
    Le malformazioni maxillo-facciali incidono profondamente sia
a livello estetico che funzionale, causando problemi nella
masticazione, nella respirazione e nel parlare, con conseguente
emarginazione e stigma. Cuore operativo di Smile House è una
rete composta da otto centri distribuiti in tutta Italia, di cui
quattro hub chirurgici (Roma, Vicenza, Pisa, Monza) e quattro
spoke ambulatoriali (Cagliari, Taranto, Ancona, Catania), nati
da accordi con il Servizio sanitario nazionale e regolati da un
protocollo d’intesa con il ministero della Salute.
    Vedere bambini sorridenti e felici era la missione con cui è
nata la fondazione e quello che ha restituito a decine di miglia
di pazienti di cui si è fatta carico, all’insegna dei principi
di universalità e democraticità”, ha dichiarato il
vicepresidente della Camera Giorgio Mulè. “La rete nasce nel
2000. Abbiamo trasformato un’intuizione in una rete di centri di
eccellenza, che accompagna i giovani con un team
multidisciplinare di esperti”, spiega il presidente Stefano
Zapponini. Smile House grazie anche al sostegno di partner
pubblici e privati, è attiva anche all’estero con progetti in
India, Pakistan e Colombia. ” Tra gli obiettivi, conclude Domenico Scopelliti, fondatore e
vicepresidente di Smile House, direttore dell’Uoc di chirurgia
maxillo-facciale dell’Ospedale San Filippo Neri di Roma, “quello
di accompagnare i pazienti nella crescita e nell’inserimento
sociale e anche quello di combattere la migrazione sanitaria,
offrendo assistenza di prossimità dopo l’operazione. In sala
operatoria non finisce la cura, inizia un percorso”.
   

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