mercoledì, 4 Dicembre 2024
Se la scuola è a pezzi, adesso tocca a noi
Oggi è difficile spiegare ai bambini e ai ragazzi di diverse regioni, e verosimilmente a breve sarà così in tutta Italia, che sono stati nuovamente respinti ai cancelli delle loro scuole come sia possibile che ancora una volta proprio la scuola sia stata raccontata come una priorità in ogni dichiarazione e con ogni mezzo mediatico, per poi essere trattata come un accessorio del quale si possa fare a meno. Quando parole e fatti divergono così plasticamente, un bambino si confonde, fa domande, così come un ragazzo si disillude, forse per sempre, che le cose dei grandi tutto sommato non cambieranno mai.
Tocca dare un segnale, battere un colpo, perché la scuola non sta bene e ha bisogno di cure radicali che vanno ben oltre due o tre settimanine in più a giugno, o una batteria di test INVALSI per certificare l’entità di un disastro trentennale e non solo pandemico, ma questo male deve risparmiare i nostri figli, i nostri alunni, tutti gli studenti.
E se tocca a noi come comunità educante, sia.
Tocca a noi con l’esempio: in un momento storico in cui la scuola che chiude i cancelli per prima, e non per ultima, non scandalizza più, dimostriamoci colpiti e pronti a reagire, parliamo di quello che sta accadendo, interroghiamoci e cerchiamo di interpretare il presente leggendo e informandoci, coinvolgendo i nostri ragazzi che saranno chiamati a ricostruire sulle macerie con pazienza, saperi e metodo.
Tocca a noi, con la quotidianità. Se siete genitori, siate eccezionali proprio ora, preferendo un foglio a uno schermo, un disegno a un altro cartone animato, due tiri a pallone in corridoio al tablet tra le mani. Una fatica straordinaria, ma è tempo di resistenza. Se siete insegnanti, mostratevi puntuali nella didattica, proponendo letture per interpretare il presente, invitando al dialogo e al confronto a gruppi, dando la priorità alla relazione rispetto al voto da registrare per rispettare il numero minimo di prove e altre facezie che servono a scuola, ma non sono la scuola.
Tocca a noi, con la cultura. E’ il momento di spazzare via ciò che una vera buona scuola cancellerebbe: programmi spazzatura, libri inutili, priorità fasulle Leggiamo con i nostri figli una storia che vale anche se non si fa da tempo, condividiamo con gli studenti una passione che ci fa approfondire, studiamo insieme un autore, un racconto, un periodo storico, una fonte, un modo di disegnare, uno strumento da riprendere.
Diamo spazio a ciò che nobilita l’uomo: studio, passione, relazione. Sì, diamo spazio a tutto questo, per i ragazzi e anche per noi stessi. E’ impegnativo ma necessario, urgente, e anche rivoluzionario. Senza studio, passione e relazione non si può parlare di scuola mettendola al primo posto dell’agenda politica, come si usa dire oggi. E’ questo il triangolo virtuoso e unico nel quale circoscrivere una scuola nuova fonte di verità, bellezza e liberazione.
Infine, tocca agli studenti. E’ il momento di sentirsi e mostrarsi più forti di ciò che vi sta intorno: siete disabituati a usare carta e penna, ma serve insistere per stare del tempo a riflettere e a migliorarsi; siete chiamati a ore e ore inchiodati al computer, per cui poi servirà staccare; siete allontanati dai vostri compagni di classe, per cui servirà pazienza e cura di voi stessi anche senza contatti stretti quotidiani. Siete lontani da un’esigenza che talvolta disturba ma che inevitabilmente pungola e stimola, per cui servirà una maturità eccezionale per trovare energie e motivazioni per studiare, per ripetere, per imparare.
Tocca a noi tutti, ognuno dal proprio angolino, a cominciare dalla prossima connessione in DAD, a cominciare dalla prossima cena famigliare dopo una giornata in DAD: dal basso, su, su, su.