martedì, 6 Maggio 2025
Romulus II pare avere tutti i pro e i contro della prima stagione, la recensione
Nel panorama televisivo italiano, Romulus è una sorta di variante, di elemento concorde e assieme estraneo, che fin dalla sua nascita è sembrato ad un tempo rivoluzionario e conservatore, classico e innovativo in modo davvero imprevedibile.
Ora, alla Festa del Cinema di Roma, arrivano in anteprima i primi due episodi della seconda stagione, sempre diretta da quel Matteo Rovere, coadiuvato da Michele Alhaique e Enrico Maria Artale, che con Il Primo Re aveva creato un coraggioso atto di rinnovamento nel nostro cinema contemporaneo.
Ricco e interessante nei costumi, nel linguaggio e scenografie, con un cast interessante, Romulus in questa seconda stagione si conferma serie fatta di alti e bassi, ma che sicuramente ha molto da dare al pubblico generalista, a chi cerca qualcosa di diverso dalla norma.
Due Re per la futura Caput Mundi
Romulus II continua dopo la prima stagione, piena di colpi di scena e di un’ambientazione in cui Storia e mito erano sostanzialmente fusi assieme nel Lazio attraversato da guerre e contrasti per la supremazia tribale.
I due protagonisti, Yemos (Andrea Arcangeli) e Wiros (Francesco Di Napoli) hanno liberato la città, ristabilito l’ordine e avuto la meglio sul famigerato Amulius, radunando attorno a sé un numeroso seguito di chi cerca una nuova libertà e una nuova occasione.
Ora è Rumia a rappresentare per i due una nuova folgorante occasione, di dimostrarsi degni del comando e di quel sogno in virtù del quale hanno convogliato attorno a loro uomini e donne come Ilia, Deftri e tanti altri, per avere qualcosa di diverso, di inedito. Ma ovviamente non mancano avversità e nemici con cui fare i conti. Naturalmente tutto questo finirà per irritare i vicini, in particolare il giovane, sadico e doppiogiochista Re Tito Tazio (Emanuele Di Stefano), che li cercherà di attirare in una trappola.
Sarà solo l’inizio del periodo più tormentato, difficile e però decisivo di quel piccolo cumulo di capanne, che un giorno diventerà il centro dell’Impero più influente della Storia, ma soprattutto sarà il momento in cui la divisione in due del potere tra Yemos e Wiros perderà di valore, perché solo uno potrà essere Romulus alla fin fine.
Romulus è frutto di una pluriproduzione che interessa Sky Studios, Cattleya, Groenlandia e ITV Studios, e in questi primi due episodi conferma tutto ciò che avevamo visto nella prima stagione, con la sua volontà di riprodurre o comunque toccare quanto il più possibile una messa in scena verosimile della realtà storica di quel periodo, così sottostimato e sottoutilizzato dalla cinematografia fino ad oggi. Meritano quindi un plauso i costumi di Valentina Taviani e le scenografie di Gaia Zambelli. Ma a livello di trama ed epica?
Un racconto soprattutto visivo più che narrativo
Ecco su questo bisogna dire che il problema principale per Romulus, anche in questa seconda stagione, è il fatto che, onestamente, non dica niente di nuovo e non mostri nulla che in fondo in questi anni non si sia già visto a livello cinematografico e seriale.
Non si vuole scomodare (ma in fondo perché no?) un capolavoro come Apocalypto, ma basti pensare a perle come Vikings, così come a tentativi fatti recentemente con Barbari, Britannia o The Last Kingdom o ancora El Cid per capire che pure qui, forse, arriviamo sempre in ritardo rispetto agli altri.
Trionfa la bontà delle nostre maestranze, che riguarda anche un trucco veramente efficace curato da Flaminia Gentili, Veronica Falabella e Marzia Colomba, ma funzionale ad una sceneggiatura che appare davvero poco ambiziosa sia negli eventi che nella caratterizzazione dei personaggi.
Yemos, Wiros, così come Silvia, e e anche il Tito Tazio di un Di Stefano che si conferma talento interessantissimo del nostro panorama, non sono abbastanza originali e spinti verso una direzione di complessità soddisfacente. I dialoghi in particolare si accontentano di restare dentro una superficie elementare che talvolta si avvicina pericolosamente a quella della fu Spartacus (per rimanere in tema), senza che vi sia una particolare originalità o deviazione dai cliché di genere.
Non che ci si annoi per carità, però come per la prima stagione, è come se alla confezione molto curata e molto interessante, non fosse corrisposta una bastante ambizione nel proporci copie carbone di personaggi già conosciuti in passato. Pure nel caso di quelli femminili, non è che si noti per ora questa volontà di rinnovamento o di andare oltre maschere già esplorate e che il pubblico già conosce.
Una serie che è specchio di un momento delicato
Guardare o non guardare Romulus II? Dipende. Se vi è piaciuta la prima stagione è il prodotto che cercate e volete, altrimenti lasciate stare, il che poi potrebbe essere applicato non solo a questa serie, ma in generale al sovraccaricato mercato attuale.
Tuttavia occorre dire che questa serie può essere un interessante stimolo per permettere al nostro mercato di avere più ambizione, di smetterla di pensare che, per certi prodotti, non per forza dobbiamo essere fuori da ogni possibile offerta. Certo, a patto di potercelo permettere.
Romulus II da questo punto di vista è soddisfacente, la cura incredibile dell’insieme è tanto palpabile quanto foriera di un rimpianto per le deficienze nel creare ancora una volta empatia verso i personaggi, nel renderli meno monodimensionali.
Un passo alla volta potrebbe essere la parola d’ordine, però è chiaro che se questa stagione vuole fare breccia in un pubblico che ha sempre più il palato fine, che non si accontenta, e che soprattutto ha una vastità di scelta ormai immensa, allora abbiamo un problema.
Se si vuole reggere la concorrenza, nulla può essere lasciato al caso e soprattutto (come visto con The Rings of Power), non bisogna commettere l’errore di pensare che l’aspetto visivo-spettacolare, la cura di costumi e scenografie, venga dopo la dimensione della scrittura, la capacità di creare qualcosa di meno prevedibile.
Ad ogni modo, a Matteo Rovere e a chi si è preso carico di questa scommessa, va anche dato il merito di aver offerto l’opportunità a numerosi talenti e veterani sottovalutati della nostra recitazione di mettersi in gioco, andando oltre i soliti nomi e le solite confezioni.
Forse è un guardare il bicchiere mezzo pieno e basta, ma la nuova era dello storytelling televisivo italiano, passa anche per questa serie, per ciò che potrà aprire ad altri. Siamo il paese più ricco di Storia del mondo, forse è il caso di parlarne come Romulus cerca di fare, invece di accontentarci di fiction 2.0 come I Borgia o simili.
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