Per sopravvivere il centrodestra trovi un leader vero

Il centrodestra è dentro un paradosso: potenziale maggioranza del paese che però oggi fatica a sopravvivere come alleanza. Dalla convention di Forza Italia emergono segnali contrastanti, non soltanto sul posizionamento nella politica estera, ma anche sul piano politico interno. Berlusconi continua ad ancorare il partito al centrodestra, ma al tempo stesso ricerca spazi di autonomia centrista, su pressione in particolare dei ministri del governo Draghi.

Forza Italia negli ultimi dieci anni è sempre stata a favore di accordi al centro, soprattuto con il PD. È un partito governista, pronto a convergere in alleanze larghe qualora fosse necessario dopo le elezioni. È una formazione da anni in caduta nei consensi, incapace di trovare alternative reali al suo fondatore. Nonostante questo, oggi Berlusconi è ancora fondamentale per Salvini e Meloni sul piano elettorale perché senza i pochi seggi di Forza Italia il centrodestra ha poche speranze di ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento. Per questo motivo, la Lega cerca oramai da mesi di legare a sé gli azzurri, o almeno una parte di essi, in un’alleanza strutturale che però fatica a decollare proprio per la volontà di un pezzo dei berlusconiani di tenersi le mani libere. Ciò vale ancora di più oggi che la Lega soffre nei sondaggi e che le fiducia verso Salvini è in calo.

Il carroccio soffre sia per la posizione disallineata al governo sulla politica estera – troppo oscillante, poco chiara e simile a quella dell’estrema sinistra – sia per l’ascesa nei sondaggi di Giorgia Meloni. Passare dall’essere nettamente il primo partito a seconda spalla della coalizione è un passaggio difficile da digerire. La Lega è ad un bivio: può restare nel centrodestra con una posizione intransigente, sconfessando ogni futura alleanza al centro, tornando alle sue origini anti-establishment ed euroscettiche; oppure può restare nella coalizione da partito governista, come è stato in questa legislatura, pronto a future coalizioni, anche inedite e larghe, e al bisogno sganciandosi da Fratelli d’Italia. In questo secondo caso, Salvini potrebbe anche pensare al proporzionale per avere più spazio di manovra rispetto alla Meloni. Molto di questa scelta dipenderà anche dai rapporti di forza tra l’inner circle del leader leghista e l’ala più moderata e territoriale del partito.

La leader di Fratelli d’Italia si presta anch’ella al gioco di specchi dei suoi partner. Si proietta alla leadership del centrodestra, ma continua ad accettare confronti periodici con Enrico Letta e a tenere una linea morbida verso Draghi. Un orientamento che la pone al centro della scena: se dopo le elezioni il centrodestra non avrà la maggioranza sarà Fratelli d’Italia, e non gli alleati, a sedersi per primo al tavolo delle trattative, emarginando Lega e Forza Italia. Insomma, se almeno sulla carta l’attuale legge elettorale potrebbe premiare il centrodestra ogni partito coltiva una qualche convenienza alla proporzionalizzazione del sistema. Anche perché l’attuale Rosatellum non assicura governabilità, come questa legislatura testimonia, e crea l’impaccio di trovare accordi nei collegi. Le alleanze si fanno e poi si disfano in Parlamento.

Ecco, dunque, il rischio maggiore per il centrodestra che è quello di un “non vittoria” o una “vittoria fragile” con l’attuale legge elettorale. Con pochi seggi di vantaggio, considerata anche la riduzione dei seggi parlamentari, governare diventa quasi impossibile. A quel punto, con ogni probabilità, tra spinte esterne, dal Quirinale e dall’Europa, per la stabilità e le riforme e necessità di ricavare spazi politici inizierebbe a ballare la maggioranza entro pochi mesi. Un film già visto in questa legislatura e che, in poco tempo, può portare a soluzioni diverse rispetto a quelle uscite dalle urne. Posto, di conseguenza, che un cambiamento in senso maggioritario delle legge elettorale è oggi impossibile si può aprire la strada per un ragionamento più onesto. O si riconosce un leader della coalizione e si stende un patto comune, programmatico e politico che sia mediazione tra le varie anime, e in questo caso si difende l’elemento maggioritario della legge elettorale attuale arrivando pronti alla eventuale prova del governo. Oppure, se non si è in grado di addivenire a questo risultato, si deve prendere atto che ogni partito e leader giocherà per sé, lasciando i giochi alla fase parlamentare post-elettorale. In questo caso, si può anche accettare una legge proporzionale, con soglia di sbarramento, col sottinteso che il centrodestra non esiste più o al massimo una entità che può riformarsi in Parlamento. In questo scenario, l’opzione peggiore è arrivare con le idee confuse, senza un percorso per definire leadership e gerarchie, con negoziazioni faticose, paci poco durature e probabili scissioni. C’è da evitare, in pratica, che a livello nazionale si replichi quanto sta accadendo sul piano locale.

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