Pepe, FareAmbiente: «Il “Ponte sullo Stretto” contro il nuovo medioevo ambientalista»

All’indomani dell’approvazione ufficiale dell’iter per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, il cui progetto esecutivo dovrà essere approvato entro il 31 luglio 2024, con i lavori pronti a partire subito dopo, Vincenzo Pepe, presidente nazionale del movimento ambientalista FareAmbiente, sottolinea «la necessità di coniugare l’esigenza dello sviluppo del nostro Paese con la sostenibilità, nella direzione di un ambientalismo “green” che non si ponga come baluardo ideologico per rinunciare alle prospettive di sviluppo della nostra economia». Fortemente voluto dal governo Meloni, su impulso del Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili Matteo Salvini, riparte il progetto attraverso la Società Stretto di Messina, a cui è stato revocato lo stato di liquidazione. Proprio il leader della Lega aveva ribadito la sua volontà di sbloccare i cantieri avviati e di programmare la realizzazione della mastodontica opera che, grazie ai fondi del PNRR, abbraccerà Reggio Calabria e Messina, contribuendo ad abbattere lo storico gap dell’isolamento della Sicilia.

Panorama.it ha dialogato con Vincenzo Pepe, giurista dell’Università della Campania, impegnato sul campo a sostenere che «ambiente e infrastrutture possono convivere per realizzare lo sviluppo armonico nell’alveo della nostra costituzione».

Professore, FareAmbiente si caratterizza da sempre come unico movimento ambientalista che rivendica una cultura diversa, “non quella del no o del sì a priori”…

«Rivendichiamo che sia il metodo scientifico ad indicarci il rischio minore per una buona qualità della vita, atteso che tutela dell’ambiente è anche identità dei territori e cultura dell’uomo. Se le aspettative di vita, oggi, mirano ai 90 anni, è grazie anche ad una tecnologia sempre più sostenibile la stessa buona qualità della vita».

Siete nati proponendo una rinnovata concezione dell’ambientalismo.

«Crediamo che per comprendere il presente e pensare il futuro sia necessario avere somma consapevolezza del tempo passato, che diventa Storia e forgia inevitabilmente l’essere umano costituendone la sua stessa natura. Noi siamo la nostra storia e la nostra formazione, siamo gli aspetti, culturali, educativi, naturali, empirici, i condizionamenti esterni, le tradizioni: in una parola l’ambiente, nel quale siamo da sempre immersi e dal quale, per qualsiasi essere vivente, è impossibile evadere».

Tiene banco, nuovamente, il “Ponte sullo Stretto”…

«Stiamo cercando di opporci allo sport italiano più diffuso tra le associazioni ambientaliste di carattere nazionale, ovvero il contrasto a qualsiasi opera in grado di garantire lo sviluppo del nostro Paese. Nel caso del Ponte sullo Stretto di Messina tutto si fonda su pregiudizi, visto che non è possibile affermare già oggi, in termini assoluti, se il progetto non sarà sostenibile dal punto di vista ambientale. Opporsi ad esso significherebbe rivivere un nuovo medioevo ambientalista».

A proposito di sostenibilità ambientale: esiste una procedura apposita, se non erriamo…

«Si tratta della valutazione dell’impatto ambientale (VIA), il cui scopo è l’analisi preventiva dell’insieme degli effetti di un’opera nei confronti dell’ambiente geofisico, della salute, del benessere umano e animale, del patrimonio culturale, dell’ecosistema, eccetera».

Intanto state assistendo alla solita levata di scudi.

«In questi giorni alcune associazioni ambientaliste, da sempre legate a posizioni anacronistiche, datate, ideologiche e fondamentalistiche, stanno pressando il Governo ad investire di più sulle infrastrutture ferroviarie, soprattutto al Sud, ma ad abbandonare l’idea del Ponte sullo Stretto, come se una delle due cose escludesse l’altra. Questo ambientalismo stantio, negli anni, non ha fatto altro che danneggiare l’Italia: noi, invece, siamo da sempre favorevole al Ponte sullo Stretto di Messina, certi che possa essere un’opera che possa coniugare lo sviluppo con la sostenibilità».

Sembra che ci si ricordi del Sud solo quando occorre boicottare altro…

«Gli investimenti per le infrastrutture al Sud, spesso deficitarie, non sono più rinviabili, come per la vecchia e pericolosa Statale 106 che collega Reggio Calabria e Taranto, o per la stessa linea ferroviaria che corre parallela al predetto rilevato stradale, ormai da incrementare con treni più moderni. Ma dire “no” al Ponte sullo Stretto è sbagliato perché si tratta di un’opera che può incentivare ancor di più proprio le altre due direttrici di collegamento. E’ un investimento che serve all’Italia tutta e al quale non possiamo e non dobbiamo rinunciare».

In ogni caso si tratta di una cifra ragguardevole…

«Oltre 7 miliardi di euro, che però verranno coperti tutti dai fondi del Pnrr: il Ponte sarebbe l’unica grande opera infrastrutturale che garantirebbe al nostro Paese di voltare pagina da una politica ambientale zoppicante, intercettando anche i traffici che vengono dallo Stretto di Suez, ma ancor più aprendo la strada ad un turismo sia efficiente che efficace e di livello internazionale».

Avete anche calcolato un beneficio ambientale legato al Ponte…

«Pensate che il Ponte è necessario anche dal punto di vista ambientale per abbassare il livello di anidride carbonica nell’atmosfera, per far sì che la lotta al cambiamento climatico sia una lotta reale e non solo a parole. Infatti l’opera va nella direzione di una maggior tutela dell’ambiente, eliminando quel pericoloso traffico di traghetti e di navi».

Sulle due coste vivono oltre cinquecentomila persone.

«Abbassando il livello di anidride carbonica, l’opera favorirebbe anche la salute degli abitanti ai margini dello Stretto. Dagli studi condotti in questi anni, infatti, è emerso che decenni di incessante navigazione dei traghetti hanno esposto gli abitanti delle due sponde dello Stretto ad altissimi livelli di inquinamento, mettendone a rischio la loro stessa salute: non solo immettono idrocarburi nel mare ma anche anidride carbonica in atmosfera che gli esperti hanno calcolato in non meno di 150.000 tonnellate l’anno».

Siamo alle battute iniziali della nuova fase realizzativa.

«Si tratta di una fase in cui gli esperti stanno ancora adeguando il progetto del 2011 agli attuali parametri e alle norme vigenti, con particolare attenzione alla sicurezza e all’ambiente. Pertanto, il nuovo iter autorizzativo dovrà “bollinare” il ponte strallato più lungo al mondo (di oltre tre chilometri), che rappresenterà il fiore all’occhiello dell’arte ingegneristica italiana».

A proposito delle altre associazioni ambientaliste…

«Ci stiamo confrontando con quelle stantie, ideologiche e fondamentaliste, che non comprendono anche i benefici di un’opera come il nostro Ponte. Perché non citare il Nord Europa, sicuramente molto più avanzato di noi in tema di politica ambientale: ebbene, quell’area ha realizzato ponti ben più lunghi e imponenti e che oggi fanno di quel territorio un’area moderna, funzionale, dotata di una grande sensibilità ed educazione all’ambiente».

Qualcosa di simile esiste in Danimarca, se non erriamo.

«Di simile? Confrontiamo i dati del Ponte di Øresund! Parliamo di una tratta stradale e ferroviaria di 15,9 km che collega le città di Copenaghen in Danimarca e Malmö in (Svezia), realizzata tramite tunnel sottomarino e ponte, uniti in un’isola artificiale appositamente creata, che attraversano l’omonimo stretto di Sund). Per farla breve, parliamo di un’opera monumentale aperta al doppio traffico stradale e ferroviario».

Con il Ponte sullo Stretto, in fondo, prende forma il vostro approccio ambientale innovativo, che sa tanto di inversione di tendenza.

«FareAmbiente non condivide l’accezione che auspica la difesa dell’ambiente come qualcosa che si riduca o ponga in primo piano la salvaguardia di una foresta, la purezza delle acque o la salubrità dell’aria che respiriamo. Sono questi obiettivi importanti, senza dubbio nobili e necessari, ma pur tuttavia generici, che facilmente possono scivolare nell’astrazione e, infine, non sufficienti per raggiungere una consapevolezza più alta del nostro stare al mondo».

Un nuovo ambientalismo?

«Un orizzonte di teorie, di pensiero e di attività che ho condiviso assieme ai miei amici Elena Croce, figlia di Benedetto Croce e Gerardo Marotta, indimenticato presidente dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, figura emblematica di quelle radici morali e teoriche di cui abbiamo ammantato il movimento».

Una nuova prospettiva, distante da certo ambientalismo, ideologico e partitico, sembra essere il vostro marchio di fabbrica.

«Quello era l’ambientalismo dell’etica dei comportamenti che va a sovrapporsi alla responsabilità delle scelte. La stagione dei no preventivi alla ricerca, alle scienze, alle innovazioni tecnologiche, scadente sottoprodotto di molto ambientalismo nostrano, mi pare abbia fatto il suo tempo».

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Vincenzo Pepe, cilentano di Torchiara, il cuore antico e colto della “Campania Felix”, è Ordinario di diritto dell’ambiente e dell’energia italiano e comparato nel dipartimento di Scienze politiche dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” di Caserta: dal 2007 è Presidente di FareAmbiente- Movimento Ecologista Europeo, riconosciuto con decreto del Ministero dell’Ambiente nel 2009 e fondato insieme a oltre 100 docenti universitari che oggi conta più di 200.000 iscritti in Italia e in diversi Paesi europei, e che continua a promuovere un’attività scientifica a supporto della nuova gestione dell’ambiente. Presidente della “Fondazione Giambattista Vico” di Vatolla e ideatore delle “Oasi di Filosofia”, luoghi di eccellenza dove la cultura a si sposa con paesaggio ed ambiente.

Panorama.it Egidio Lorito, 28/03/2023

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