Oscar 2021 – Il silenzio dei media cinesi sulla vittoria di Chloé Zhao

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Nomadland di Chloé Zhao è il vero trionfatore degli Oscar 2021: l’adattamento del libro di Jessica Bruder – già premiato a Venezia, ai Golden Globe e in qualunque altra competizione – ha conquistato le statuette per il Miglior Film, la Miglior Regia e la Migliore Attrice Protagonista (Frances McDormand).

Ebbene, Chloé Zhao è nata in Cina, prima di trasferirsi a Londra e poi negli Stati Uniti da adolescente per ragioni di studio. Si tratta della seconda donna in assoluto a ricevere il premio per la Miglior Regia, nonché la prima BIPOC (quindi anche la prima asiatica). Un risultato straordinario, oscurato però dalla rigida censura di Pechino.

I media cinesi, infatti, hanno taciuto la vittoria di Zhao: nelle ore successive alla cerimonia, nessuno dei media “ufficiali” – compreso il tabloid populista Global Times – ha riportato la notizia. Eppure, il suo trionfo ai Golden Globes era stato celebrato dalla stampa locale, e la regista descritta come un motivo di orgoglio nazionale. Cos’è cambiato nel frattempo?

Vecchie dichiarazioni

Dopo i Globes, vari segugi di internet hanno ritrovato un’intervista concessa da Chloé Zhao a una piccola rivista newyorkese, Filmmaker Magazine, in cui la cineasta parlava delle fonti d’ispirazione per il suo debutto alla regia, Songs My Brothers Taught Me. Il film parla di un adolescente nativo americano che cerca la sua strada in una riserva, sognando di partire per Los Angeles con la sua ragazza:

Mi ricorda quando ero un’adolescente in Cina, trovarsi in un posto dove ci sono menzogne ovunque.

Dal momento in cui quell’intervista è riemersa, l’atteggiamento dei media e della censura nei suoi confronti è cambiato. La promozione di Nomadland sui social media è stata bloccata, e anche la sua uscita nelle sale (prevista per il 23 aprile). Inoltre, per la prima volta, la cerimonia degli Oscar non è stata trasmessa in contemporanea né dalla rete pubblica CCTV né da una delle principali piattaforme streaming nazionali.

Una reazione durissima

La censura, insomma, non ha perdonato Zhao per “il suo atteggiamento verso la Cina”, oggetto di dibattito sui social. Una reazione durissima, soprattutto se consideriamo che la superpotenza asiatica non perde mai occasione di celebrare i successi cinesi agli Oscar, persino quando i legami sono molto labili. Green Book, ad esempio, è stato propagandato come una vittoria cinese dall’agenzia Xinhua solo perché il film era co-finanziato da una sussidiaria di Alibaba Group (che pure non ha avuto alcuna influenza creativa sull’opera).

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Eccezioni

Ovviamente ci sono alcune eccezioni. Il sito 163.com ha citato la vittoria della regista, approfittandone però per rimarcare una delle più delicate priorità geopolitiche cinesi: la riacquisizione di Taiwan. Zhao viene infatti descritta come “la seconda cineasta cinese a vincere l’Oscar per la Miglior Regia, dopo Ang Lee”. Quest’ultimo è di Taiwan, ma sappiamo bene che il gigante Asiatico non riconosce l’alterità dell’isola.

Anche i social media Wechat e Weibo hanno celebrato la vittoria di Zhao, senza censurare il video del suo discorso di accettazione. Global Times ha twittato la notizia in inglese, ma Twitter è bloccato in Cina, quindi i destinatari erano solo internazionali.

Fonte: The Hollywood Reporter