La mia vita, prigioniera delle regole su dad, quarantena, tamponi

La notizia è arrivata di domenica, mentre smontavamo l’albero di Natale, sotto forma di messaggino nella chat di classe: un caso di positività nella seconda primaria frequentata da mia figlia, sei anni. Come da protocollo, ci precipitiamo in farmacia per farle fare il tampone: negativo. Tre giorni prima, peraltro, la bambina aveva ricevuto la seconda dose di vaccino. Ma l’illusione è durata poco: dallo screening è emerso un altro caso positivo, per cui da lunedì è partita la Dad per tutta la classe.

Non solo: in base al protocollo per i bambini tra i cinque e gli undici anni, con due casi di positività in classe si attiva sì la didattica a distanza per tutti – senza alcuna distinzione tra vaccinati, non vaccinati e guariti – ma in aggiunta Ats dispone la quarantena. Ciò significa che per dieci giorni i bambini non possono recarsi a scuola ma nemmeno fare sport, frequentare attività extrascolastiche o semplicemente uscire di casa. Bambini sani, negativi al tampone e, come nel caso di mia figlia, vaccinati con seconda dose (e quindi titolari di green pass). Chiusi in casa.

Chiusi in casa loro, e i genitori. Perché parliamo appunto di bambini tra i cinque e gli undici anni, che per legge, ma anche in base al più elementare buonsenso, non possono essere lasciati senza sorveglianza. Chi scrive ha la fortuna di poter lavorare da remoto – anche se il dover inserire in contemporanea attività come seguire le lezioni a distanza di una bambina di sei anni e occuparsene a tutto tondo pone una serie di sfide non da poco. I giocolieri potrebbero chiederci consigli. – ma molti genitori svolgono attività che non prevedono la possibilità dello smartworking. Commesse, camerieri, medici, tranvieri. Chi gestisce i loro figli costretti in casa mentre sono al lavoro?

Per questi lavoratori esiste la possibilità di richiedere il congedo Covid. Ma questa soluzione nulla toglie all’assurdità di una norma che prevede l’isolamento in casa per bimbi sani e per i loro genitori. Operando una discriminazione inspiegabile tra persone di diversa età anagrafica: gli adulti contatto di positivo e con dose booster – o ciclo vaccinale completato da meno di 120 giorni, o guariti da meno di quattro mesi – possono tranquillamente uscire, non sono in quarantena. I bambini sì. Fino a 11 anni. Perché i dodicenni vaccinati con terza dose sono equiparati agli adulti.

Queste regole differenziate, ha specificato giusto ieri il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, “non sono assurde” perché “la percentuale dei bambini tra 5 e 11 anni che ha completato la vaccinazione è piccola, quindi la regola è diversa rispetto a una fascia di popolazione più largamente vaccinata. Questa regola sarà superata con il progressivo aumento delle vaccinazioni”. Come a dire che i genitori più ligi, che hanno già portato i loro figli piccoli a vaccinarsi, non hanno alcun vantaggio fino a che gli altri non provvederanno. E intanto le classi si svuotano – il 93,4% è in presenza, ha fatto sapere il ministro Bianchi smentendo i dati dei presidi che parlano più realisticamente di una classe su due chiusa – gli uffici anche e le famiglie ritornano all’incubo del 2020.

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