La lista dei candidati dilania il Pd

Mentre gli italiani sono impegnati in questa giornata di festa tra grigliate, abbuffate in spiaggia, gavettoni, cene, canti e balli i fuochi d’artificio non mancano nemmeno nel mondo della politica. Sono infatti giorni dove le scintille abbondano sui cieli di quasi tutti i partiti impegnati nella cosa più complessa di ogni campagna elettorale: le candidature.

Un sudoku da sempre complesso ma che questa volta, con il taglio dei parlamentari, diventa quasi impossibile. Da questo punto non c’è partito che non abbia dei mal di pancia interni (a parte Fratelli d’Italia, forse l’unico che avrà stando ai sondaggi un numero di parlamentari superiore rispetto alla precedente legislatura); ma c’è chi sta peggio degli altri. Nel M5S la lista protetta da Conte agita gli animi, ma è soprattutto nel Partito Democratico che la tensione si taglia con il coltello.

In mattinata era prevista una direzione decisiva per completare la lista; invece della fumata bianca dal caminetto del Nazareno è uscito del fumo nero, pieno di cenere. La riunione è stata sospesa e riaggiornata in serata. Impossibile per Enrico Letta mettere d’accordo tutte le anime, anzi, le correnti, che da sempre agitano all’interno dominano il principale partito della sinistra. Si parla di tagli eccellenti, c’è poi chi lamenta le eccessive concessioni nei collegi uninominali a Verdi e Si; e ovviamente c’è chi cerca il seggio più sicuro possibile. Tutto complicato per un partito che solo al proporzionale più contare, dicono i sondaggisti, ad oggi su un parco di 100 parlamentari, un terzo meno di quanti ne ha avuti nell’ultima legislatura.

Tutto questo proprio a pochi giorni, due, dalla presentazione del programma del Pd. Un programma all’insegna soprattutto dei diritti tra del Za, Ius Scholae, liberalizzazione della cannabis, riconoscimento di qualsiasi tipo di unione civile.. il tutto passato sotto un silenzio assordante, con buona pace di chi da settimane va in tv a dire che «bisogna parlare di programmi»…

Ma c’è una voce clamorosa che comincia a prendere corpo. A più di un mese dalla fine del governo Draghi i sondaggi vanno tutti nella stessa direzione: il centrodestra dovrebbe avere una larga, larghissima maggioranza e nemmeno la nascita del nuovo Centro sembra aver spostato gli equilibri. A questo vanno aggiunti gli appelli non più tanto nascosti di varie anime interne, che chiedono un’unione dell’ultimo minuto tra Pd e M5S almeno per provare ad arginare gli avversari nei collegi uninominali.

Al momento però i due leader tengono la barra dritta, «nessuna unione con chi ha fatto cadere Draghi» dice Letta (che però è alleato con Verdi e Si che hanno sempre votato contro l’ex governo) e anche conte non pare disponibile ad aprire alcuna porta.

Il termine è posto al 22 agosto, tra una settimana esatta. Nessuno oggi è in grado di dire cosa succederà.

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