La Cina prova a prendersi pezzi della ex Unione Sovietica sotto il naso di Mosca

Mentre in Giappone si teneva la riunione del G7 nella città di Hiroshima, a Xian, in Cina, si è svolto il vertice Cina-Asia centrale al quale hanno partecipato i presidenti delle cinque repubbliche centroasiatiche: Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan e Turkmenistan. Non è certo passata inosservata l’assenza della Russia, come ha sottolineato a Euronews Stefan Hedlund, esperto di Russia e professore dell’Università di Uppsala: «È la prima volta che la Russia, dopo almeno due secoli di egemonia nella regione è esclusa da incontri del genere».

Secondo il governo cinese l’incontro «è la pietra miliare sulla strada per la costruzione di una comunità con un destino comune» e l’assenza della Russia alle prese con la guerra scatenata in Ucraina mostra chiaramente come Pechino voglia diventare la nuova potenza egemone nella regione.

Per Valentina Chabert, analista geopolitica, «il vertice Cina-Asia centrale di Xian ha accelerato una tendenza già in atto da alcuni anni che vede il consolidamento delle relazioni diplomatiche tra Pechino e la regione centroasiatica. Non è un caso che il summit si sia svolto a Xian, che anticamente coincideva con il punto di partenza delle Vie della Seta cinesi. Analogamente, ciò si rispecchia in un noto interesse cinese verso i Paesi ‘-stan’ per portare a compimento il progetto della Belt and Road Initiative, rendendo così il continente eurasiatico hub per la connettività, per gli scambi di merci e per il transito delle più sofisticate tecnologie verso l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa. Da qui l’auspicio di Xi Jinping di un’Asia Centrale stabile, prospera, armoniosa e ben collegata, sigillato in accordi per la realizzazione di nuove infrastrutture e ulteriori scambi commerciali in tutti e cinque i paesi dell’area. Tali investimenti si aggiungono ai già cospicui capitali immessi nel sistema economico delle ex repubbliche sovietiche, rendendo la Cina de facto acquirente e al contempo motore principale dello sviluppo economico della regione».

Durante l’incontro che secondo il portavoce del ministro degli Esteri cinese «aprirà una nuova era nella cooperazione tra le due parti» è stato firmato «un importante documento politico» del quale non sono stati rivelati i contenuti. Di contro sono stati siglati diversi accordi come spiega a Panorama.it Valentina Chabert: «Tra gli accordi si legge infatti una rinnovata attenzione per i temi della difesa, della sicurezza e di un possibile aumento delle spese militari: con la Russia distratta dal conflitto in Ucraina, a far tremare Pechino è l’eventualità di un vuoto di potere in Asia Centrale, che in concreto potrebbe riflettersi nella stabilità delle sue nuove vie della seta. In contemporanea al vertice dei Paesi del G7 ad Hiroshima, il summit Cina-Asia centrale sembra assumere così la natura di un monito alla Russia, che con la guerra Ucraina ha aperto nuove straordinarie opportunità per la Cina – tra cui la possibilità di inserirsi definitivamente come alternativa in quello che per decenni è stato il ‘cortile posteriore’ di Mosca. Testimone della perdita della presa russa nella regione è anche la concessione del Cremlino dell’uso del porto di Vladivostok ai cinesi: se gli abitanti della città russa si attestano attorno ai 600.000, non bisogna dimenticare i 100 milioni di cinesi che premono sul confine, rischiando di far riemergere nuove pericolose tensioni che potrebbero far vacillare la partnership tra Mosca e Pechino, tanto preziosa per i russi in tempi di conflitto».

Ma la Cina è pronta a prendere il posto della Russia come garante della sicurezza in Asia centrale? Secondo alcuni esperti il governo cinese non è ancora pronto ad assumere questo ruolo essendo più interessata alle opportunità commerciali nella regione e per il Prof. Hedlund quanto accade è la fine dell’idea di Russia come perno della regione che Vladimir Putin proclamò alla riunione dell’APEC a Vladivostok nel 2012, quando sancì l’obiettivo di portare il vento cinese a soffiare sulle vele dell’economia russa: «Ora, io direi che l’economia russa è disastrata come un relitto alla deriva nel mare e che i cinesi non fanno favori». L’Unione europea osserva con attenzione le mosse degli «-stan» visto che gli scambi commerciali tra l’Asia centrale e Mosca sono quasi raddoppiati nel 2022 e secondo l’Ue questa è la dimostrazione che le cinque repubbliche esportano i prodotti europei che sono colpiti dalle sanzioni per aiutare il Cremlino a evitarle. Questo farebbe rientrare le cinque repubbliche e la Cina nel libro nero di Bruxelles che sta mettendo in campo ogni risorsa per colpire le aziende e gli Stati che aggirano le sanzioni comminate dopo l’invasione russa dell’Ucraina.

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