In Italia in 20 anni quasi 35mila trapianti di rene

In venti anni in Italia sono stati
effettuati 34.484 trapianti di rene da donatore deceduto e 4.599
da donatore vivente. La sopravvivenza dei pazienti raggiunge il
97,3% a un anno dal trapianto e il 91,5% a 5 anni, mentre quella
a 10 anni è pari all’80,7%. Sono stati inseriti in lista
d’attesa per trapianto di rene 45.066 pazienti. Il 64% degli
iscritti in lista è uomo, il 36% donna, i pazienti pediatrici
sono il 3,4%. E’ il bilancio del Centro nazionale trapianti
(Cnt) nella nuova edizione della valutazione di qualità
dell’attività di trapianto di rene in Italia nel periodo
2002-2022; fornisce un quadro dei 38 centri di trapianto di rene
attivi nel nostro paese e dell’intero percorso assistenziale dei
pazienti.
    Secondo il rapporto sono positivi i dati sulla riabilitazione
post-trapianto: il 92,5% dei pazienti lavora o è in condizione
di farlo, mentre solo il 3% non riesce a tornare in attività per
le condizioni di salute. Per quanto riguarda le diagnosi al
momento dell’iscrizione alle liste d’attesa quella prevalente è
la nefropatia glomerulare (39%), seguita dalle nefropatie
ereditarie (20%). Il 50% dei pazienti iscritti in lista viene
trapiantato entro i primi due anni.
    I 4.599 trapianti da donatore vivente sono eseguiti in 35
dei 38 centri di trapianto italiani. I donatori sono per il
62.6% consanguinei: le madri donatrici rappresentano il 29.1%, i
padri il 12.5%, fratelli e sorelle il 17,9%. Nel 33,2% dei casi
invece a donare il rene sono mogli, mariti o compagni. Nei
trapianti da vivente i dati sugli esiti sono migliori rispetto
agli interventi da donatore deceduto: la sopravvivenza a 1 anno
dei pazienti adulti è pari al 98.7%, quella a 5 anni è al 96,8%.
    L’aggiornamento del rapporto arriva a quattro anni
dall’ultimo, pubblicato nel 2021, e segue quelli effettuati nel
2024 sulla qualità del trapianto di cuore, nel 2023 sul fegato e
nel 2022 sul polmone. “Valutare la qualità dei trapianti è uno
dei compiti più delicati e importanti del Cnt – sottolinea il
direttore generale Giuseppe Feltrin – perché permette alla
nostra Rete di analizzare nel dettaglio l’attività clinica e
assistenziale, di individuare le criticità e risolverle,
nell’ottica di garantire nel modo migliore possibile il diritto
alla salute dei pazienti”.
   

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