Impariamo dagli animali il distanziamento sociale anti-Covid

La distanza sociale ci sembra una costrizione contro natura. Niente di più sbagliato. Dai mammiferi agli insetti, agli uccelli e perfino ai pesci, gran parte del mondo animale la pratica. A fornire svariati esempi che provano questa tesi è una meta-ricerca appena appena uscita su Science. Gli autori dello studio, ricercatori del Virginia Tech College of Science e della University del Texas, hanno messo insieme risultati di diverse ricerche ed esperimenti sul comportamento animale in risposta al diffondersi di infezioni virali, batteriche e parassitarie. Quello che hanno scoperto è che nel corso dell’evoluzione diverse specie hanno acquisito un istinto a comportarsi in certi modi che permettono di salvaguardare sia gli individui sia i gruppi. Secondo i ricercatori, gli umani, pur possedendo questo istinto tendono a sopprimerlo sotto la pressione del lavoro e altre esigenze sociali.

Ecco alcuni esempi di diversi modi di praticare il distanziamento sociale. I mandrilli esibiscono comportamenti di cura reciproca che favoriscono l’igiene e i legami sociali. Non appena un individuo è infetto questo comportamento nei suoi confronti sparisce, anche se qualche volta viene mantenuto tra individui che hanno un legame di parentela, con gravi rischi che l’intera famiglia risulti contagiata.

I pipistrelli vampiri, originari della Americhe, sono noti per avere un comportamento sociale molto sviluppato a paragone di altre specie di pipistrelli. Siccome si nutrono di sangue di mammiferi o uccelli, talvolta difficile da reperire, si servono dei legami sociali per la condivisione del cibo, oltre che per la pulizia reciproca. Ricercatori americani hanno iniettato la membrana cellulare di un batterio gram-negativo in alcuni individui per vedere che cosa accadeva. Le iniezioni erano innocue ma provocavano reazioni immunitarie e certi sintomi, proprio come fanno i vaccini. Come conseguenza, quegli stessi individui riducevano il loro contatto con gli altri e praticavano la cura reciproca molto meno di prima.

Molte specie di formiche di fatto abbandonano la colonia di appartenenza quando non si sentono bene. L’auto-sacrificio viene considerato dagli studiosi come una sorta di atto per il “bene pubblico” che permetterà alla colonia di mandare avanti i geni capaci di farla sopravvivere. Nel caso delle formiche vi sono anche casi nei quali sono gli animali in salute a escludere quelli infetti evitando ogni contatto. Lo scopo principale delle api è fare tutto il possibile per il bene dell’alveare e della regina. Ma quando un individuo viene percepito come infetto da certi suoi sintomi, le altre api lo aggrediscono cacciandolo via dall’alveare.

In altri animali, accade che individui in salute abbandonino il gruppo per proteggere se stessi dall’infezione e lo fanno spesso a costo di enormi rischi. Per esempio alcune specie di aragoste caraibiche abbandonano la tana quando identificano un individuo infetto al suo interno, esponendosi al rischio di essere attaccati da un predatore in pieno oceano. In sostanza scelgono di rischiare per evitare un virus letale.

Gli autori dell’articolo di ricerca su Science commentano che anche gli umani hanno comportamenti che mirano a minimizzare il rischio di infettarsi. Uno di questi è quello di evitare chi tossisce o chi ha un alito cattivo o stare in disparte se emergono particolari sintomi: per esempio seduti in aereo tendiamo a non parlare con il nostro vicino se tossisce. Nella battaglia contro il Covid-19, conclude lo studio, le conoscenze del comportamento animale di fronte al diffondersi delle infezioni potrebbero ispirare particolari regole di distanziamento rendendo più efficaci le nostre politiche di pubblica sicurezza.

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