Il teorema di Margherita, ossessione matematica e amore

Anche i nemici più convinti della
matematica forse rivedranno questa loro idiosincrasia dopo aver
visto Il teorema di Margherita in sala dal oggi con Wanted
Cinema. E questo nonostante il film diretto da Anna Novion (Il
viaggio di Jeanne) ne mostri gli stereotipi negativi tutti
concentrati nella protagonista, ovvero Margherita (Ella Rumf),
ragazza secchiona con tanto di occhiali e nessun trucco,
ossessionata dalla risoluzione del teorema di Goldbach,
considerato dagli esperti irrisolvibile.
    Un teorema, quest’ultimo, su cui deve presentare
all’università una sua personale tesi di decrittazione con il
sostegno del severo professor Werner (Jean-Pierre Darroussin).
    Ma le cose nell’aula magna dell’istituto non vanno bene,
Margherita riempie sì un’enorme lavagna di simboli matematici
(una scena che si ripete spesso in questo film), ma alla fine il
risultato non arriva, come fa notare in aula con una certa
perfidia un altro talento della materia, lo studente Lucas
(Julien Frison).
    Un piccolo errore nel teorema che da una parte fa crollare
l’autostima e la volontà di Margherita, ma che la mette anche
finalmente in gioco nella vita reale. Molla così tutto e, di
nascosto alla madre (Clotilde Courau), va a vivere in un
appartamento con Noa (Conia Bonny), una ballerina piena di vita.
    Non solo, Margherita scopre anche che, grazie alla sua mente
matematica, può guadagnare molti soldi giocando a Mahjong nelle
bische clandestine di Parigi.
    È per Margherita un nuovo capitolo della sua vita fatto della
scoperta del sesso, dei locali e del disimpegno, ma in questa
nuova esistenza torna a un certo punto anche la matematica,
questa volta accompagnata dall’amore.
    Dopo esser stato presentato al Festival di Cannes 2023 e aver
ottenuto due candidature ai Cesar e vinto il premio per la
miglior attrice esordiente andato ad Ella Rumpf, il film segna
il ritorno alla regia, dopo alcuni anni di assenza, della
regista Anna Novion.
    Dice quest’ultima: “Personaggi come quelli impersonati da
Jean-Pierre Darroussin e Ella Rumpf sono ricorrenti nei miei
film. Sono individui che si aggrappano alle loro certezze e che
hanno paura di aprirsi agli altri. Poi succede qualcosa che li
costringe a cambiare il corso delle cose, a lasciarsi andare e a
trasformare la vulnerabilità in forza”.
   

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