Gli Stati generali degli attori, rischiamo l’estinzione

(di Francesca Chiri) I requisiti per accedere alla
discontinuità e alla pensione, il riconoscimento dei minimi di
lavoro, la sperequazione tra figure professionali, tra uomini e
donne, tra cinema e teatro, la pressione dell’intelligenza
artificiale, la contrattazione, le strettoie del tax credit, le
accuse di frammentazione: il mestiere dell’attore è a un bivio
se non “a rischio estinzione”. I professionisti del mestiere
lanciano il warning in occasione degli Stati generali delle
attrici e degli attori, una giornata di incontri tra gli
interpreti professionisti, le istituzioni e la politica.
    Un’adunata per chiamare gli attori alla partecipazione, ma anche
per sfatare quel pregiudizio culturale dell’opinione pubblica
nei confronti di questo mestiere: “ci credono bambini viziati,
ma noi non abbiamo tutele, dalla malattia, alla maternità, la
genitorialità, la disoccupazione e il 99% di noi non arriva a
maturare una pensione, non abbiamo garanzie di lavoro” dice
Raffaele Buranelli, presidente del Raai, il Registro degli
attori italiani che ha organizzato la giornata di lavoro, dove
hanno partecipato tanti professionisti e un po’ meno le
associazioni di rappresentanza del mestiere.
    “Ma non c’è frammentazione tra di noi, questo è un concetto
che viene usato strumentalmente dai nostri interlocutori per non
darci ascolto” dice l’attore. E invece “siamo già in 2.500 e
dobbiamo tornare a incontrarci anche con i produttori e con i
politici: siamo necessari e non crediate che l’IA possa davvero
sostituirci” esorta la vicepresidente del Raai, Monica
Guerritore che lancia anche una battaglia per l’istituzione di
un registro nazionale centralizzato che “smisti” sul territori
il lavoro delle compagnie teatrali e quella per superare
l’accordo con le scuole che affida agli attori amatoriali il
compito di insegnare il teatro agli studenti. “La colpa è
nostra, questa categoria non ha più dignità” protesta l’attrice
che esprime un concetto risuonato spesso nelle parole dei suoi
colleghi.
    Molti giunti in presenza, altri collegati per una
testimonianza: da Daniela Poggi, ad Alessio Boni con il baffo da
Don Chisciotte a Cesare Bocci che lancia un appello all’unità a
Leo Gullotta che sprona i colleghi a “svegliarci tutti”.
    Emanuela Grimalda dà voce alla questione femminile: “Dati alla
mano è un fatto che esistono meno ruoli al femminile, che c’è
una sperequazione sia a livello di reddito che di numero delle
giornate lavorative. Una forbice che aumenta ancora di più dopo
i 50 anni”. Il dibattito è partecipato e non senza polemiche
quello sfociato in un duro botta e risposta tra la segretaria
nazionale della Slc Cgil, Sabina Di Marco, ed alcuni attori sul
contratto nazionale: una “pietra miliare” per la prima, una “pietra tombale” per i secondi. Qualche spiraglio, però, si intravede. Il leader M5s Giuseppe
Conte, in sala con anche i parlamentari del Pd, Francesco
Verducci e Irene Manzi, promette di alzare la bandiera degli
attori per una modifica del decreto sulla discontinuità. E
alcune proposte interessanti arrivano da Michele Lo Foco,
componente del Consiglio Superiore del Cinema: il ripristino
della categoria del casting e l’obbligatorietà dei provini per
la scelta degli attori sempre più oberati dalla richiesta di
self-tape. Ma anche la proposta di introdurre una ripartizione
di una quota del tax credit per i produttori tra gli attori. Altro nodo dolente per il finanziamento sono i distributori:
andranno ai primi 20 tra quelli che hanno ottenuto negli ultimi
due anni il maggior incasso di pubblico, “quindi sostanzialmente
gli americani”. Infine c’è il problema del controllo sulle
spese, che non c’è, non si riesce a fare: “Il 55% della spesa è
costituito da fatture false: io lo dico apertamente… Se ci fosse
un controllo – spiega Lo Foco – verrebbe fuori..”.
   

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Leggi su ansa.it