Disco Boy, Italia in corsa a Berlino tra danza e guerra

Toni psichedelici, sciamanici, musica elettronica, discesa agli inferi e redenzione, protagonista un migrante con sensi di colpa e che si identifica troppo con il nemico. Queste le principali anime di DISCO BOY, opera prima di Giacomo Abbruzzese e unico film italiano in corsa alla 73/a edizione del Festival di Berlino. Girato tra Europa e Africa e con la colonna sonora firmata dalla star della musica elettronica Vitalic, il film racconta la storia di Alex, Franz Rogowski (UNDINE, FREAKS OUT), un giovane che fugge dalla Bielorussia insieme a un suo amico ed entra clandestinamente in Francia. È ormai un sans papier e così sposa l’inferno della legione straniera francese che dopo cinque anni gli garantisce la cittadinanza. Ora lontano dalla Francia, nel delta del Niger, il guerrigliero Jomo combatte contro le compagnie petrolifere che minacciano la sopravvivenza del suo villaggio mentre sua sorella Udoka, nel frattempo, sogna di fuggire. È destino che la vita di queste tre persone si intrecceranno cambiando la loro vita. DISCO BOY, una coproduzione Francia/Italia/Belgio/Polonia sarà distribuito in Italia dal 9 marzo con Lucky Red. “Siamo abituati a vedere la guerra raccontata da un unico punto di vista – dice il regista a Berlino -. L’altro, il nemico, raramente esiste come entità complessa. Credo che il cinema sia, soprattutto, una questione di sguardo e di punti di vista mutevoli. In questo film, raccontare la storia di entrambe le parti è una questione politica oltre che narrativa e messa in scena. Voglio mostrare l’orrore della guerra dando la stessa dignità emotiva a entrambi i campi. Volevo allontanarmi dagli stereotipi di virilità e violenza che caratterizzano molti film di guerra. Mi piace l’idea che la forza fisica possa essere accompagnata da una certa fragilità e da uno sguardo tormentato. È questo contrasto che mi interessa”. E ancora il regista: “Il film inizia con un’estetica naturalistica che scivola progressivamente in un registro psichedelico e sciamanico. Mi piace iniziare da una realtà documentata, attingere dal reale e poi riscriverla”. Giacomo Abruzzese, nato a Taranto 39 anni fa, è la dimostrazione che farcela non è impossibile: “Vengo da una famiglia popolare – dice a Berlino – e ho fatto, prima di DISCO BOY, tanti corti ma sempre in un’ottica internazionale. Mi sono laureato in scienze della comunicazione all’Università degli Studi di Siena, poi ho fatto un master in Cinema, Televisione e Produzione multimediale all’Università di Bologna e, dopo due anni come fotografo tra Israele e Palestina, mi sono diplomato a Le Fresnoy – Studio National des Arts Contemporains di Tourcoing. Comunque – continua – per fare questo film fatto in soli 32 giorni ci ho messo dieci anni e grazie a tutta una serie di cose che oggi sarebbe impossibile riprodurre”. Registi preferiti? “Tsai Ming-liang, Fassbinder, Pasolini, Kubrick, Godard, tutti quei cineasti che vanno oltre la storia”. Due progetti italiani nel futuro di Abbruzzese: “IL POLITICO che si svolge negli anni Sessanta a Taranto, un film molto personale legato alla mia famiglia e un altro che avrà come titolo DISORDER”.

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