domenica, 4 Maggio 2025
Cresce Mnesys, è la più grande rete Ue di ricerca sul cervello

Novanta centri di ricerca coinvolti;
600 pubblicazioni e circa 300 progetti attivi; 800 scienziati
impegnati. Sono i numeri di Mnesys, progetto avviato a fine 2022
grazie al fondo di 115 milioni di euro stanziato dal Pnrr e che
oggi, con l’aggiunta di 65 nuovi centri, è diventata la più
grande rete di ricerca sul cervello in Europa.
Gli scienziati afferenti al progetto sono riuniti a Genova
per il terzo meeting annuale, durante il quale sono stati
presentati i risultati raggiunti e i circa 100 nuovi progetti di
ricerca che si sono aggiunti negli ultimi mesi grazie a una
serie di bandi a cascata finanziati con 23 milioni.
“Tutte le migliori istituzioni italiane che fanno ricerca sul
cervello, ingaggiate tramite appositi “bandi a cascata”, sono
coinvolte in questo progetto unico al mondo, che è diventato la
rete europea più estesa e all’avanguardia”, commenta Antonio
Uccelli, responsabile scientifico del progetto, ordinario di
Neurologia all’Università di Genova e direttore scientifico
dell’Ospedale Policlinico San Martino. “I nuovi gruppi arruolati
consentiranno con le loro competenze di sviluppare, approfondire
e scoprire sempre di più i segreti, ancora nascosti, del
cervello”.
I nuovi progetti di ricerca spaziano in innumerevoli ambiti.
Uno degli studi più affascinati è quello che punta a ideare
strategie innovative per prevenire lo sviluppo di danni
cerebrali nei neonati prematuri. Puntiamo “a svelare gli effetti
di diete con differenti livelli di lipidi, ricchi di
antiossidanti, in fase neonatale, sulla maturazione cerebrale di
questi neonati. Ciò avverrà inserendo soia, olio d’oliva non evo
o grasso di pesce nell’alimentazione dei bambini pretermine”,
dice Luca Ramenghi, Direttore U.O. Patologia Neonatale
dell’Istituto G. Gaslini e Professore Straordinario di Pediatria
dell’Università di Genova.
Al centro della ricerca anche l’Alzheimer: uno studio
dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano,
mira a svelare il ruolo dell’infiammazione nello sviluppo
dell’Alzheimer, attraverso la creazione di cervelli “in
miniatura” su cui testare trattamenti innovativi. “A oggi non
esistono però modelli sperimentali in grado di “imitare”
adeguatamente la patologia”, spiega Gianluigi Forloni, capo del
Dipartimento di Neuroscienze e del laboratorio di Biologia delle
Malattie Neurodegenerative del Mario Negri. “Per riprodurla
efficacemente in laboratorio, il nostro studio si propone di
utilizzare cellule da pazienti con demenza che verranno fatte
regredire allo stadio di cellule staminali per essere
riprogrammate in neuroni. Ciò consentirà di ricreare piccoli
cervelli in miniatura che potranno essere usati come laboratori
virtuali per testare l’efficacia di nuove terapie”.
Rimanendo nel campo delle malattie neurodegenerative,
all’Università di Sassari, invece, si studiano i meccanismi alla
base del riconoscimento e della produzione delle espressioni
facciali, abilità cruciale per la comunicazione con gli altri,
che viene a mancare nei pazienti con malattia di Parkinson e di
Alzheimer. “Dare una spiegazione a questa disabilità potrebbe
essere importante per stabilire un possibile trattamento” spiega
Franca Deriu, ordinaria di Fisiologia all’Università di Sassari.
Raggiungere il traguardo dei trattamenti è infatti uno degli
obiettivi del progetto Mnesys. “Questo bagaglio di conoscenze
scientifiche ci permetterà di passare dalle scoperte teoriche a
concreti benefici per la società, in totale allineamento con
l’obiettivo ultimo del Pnrr: generare ricadute tangibili e
durature per i cittadini, migliorando di conseguenza la qualità
della vita di tutti noi grazie all’uso delle nuove tecnologie”,
dice il presidente Mnesys Enrico Castanini.
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