Bentivoglio, guai a chi dice ‘il solito Bentivoglio’

(ANSA) – ROMA, 26 MAR – Voce sussurrata e ironia e la forte
rivendicazione di essere principalmente un attore di teatro.
    Così Fabrizio Bentivoglio al Teatro Petruzzelli per una
seguitissima master class dopo la proiezione del suo unico film
da regista: LASCIA PERDERE, JOHNNY (2007).
    Ecco alcuni temi toccati dall’attore nato nel 1957 a Milano.
    LA SCELTA D’ATTORE “Studiavo medicina, l’esame di Anatomia 1,
con la radio accesa dove parlava un ex attore della scuola del
Piccolo di Milano. Chiusi il libro, mi segnai l’indirizzo della
scuola e andai in Corso Magenta a prendere il bando. Fatto il
provino d’ingresso, mi hanno subito preso, ma la scuola non l’ho
nemmeno finita, perché dopo due anni già lavoravo. Clark Gable
diceva che nel mestiere di attore solo i primi trenta anni sono
davvero duri. Sarebbe a dire che i primi dieci servono per
capire di che pasta sei fatto e altri venti poi per confermarlo.
    Adesso che ne ho sessantacinque che dite sono un bravo
attore?”.
    I PROFESSORI DEI FIGLI – “Sì che ci vado a parlare e ci ho pure
litigato. Perché ci sono insegnanti che ancora oggi non hanno
capito che i due anni che abbiamo passato con la pandemia hanno
lasciato grossi segni nei ragazzi. Pretendere così il rendimento
di prima è disumano».
    SOCIAL: «Non li frequento e non mi piacciono. Ho a malapena il
cellulare per parlare e scambiare qualche messaggio. Non amo
questa smania di riempire tutti gli spazi con messaggi e social.
    Ho letto una intervista a Claudio Abbado nel quale diceva che
lui, più che le note, legge gli spazi che ci sono tra loro,
perché nei silenzi c’è Dio. Sono d’accordo: il silenzio è il
nutrimento dell’anima».
    CRISI DEL CINEMA – «C’è solo un modo per salvare il cinema:
puntare al bellissimo. Ogni cosa brutta che si fa ci danneggia
tutti. A proposito, quando leggo nelle recensioni ‘Bentivoglio
bravo come al solito” mi offendo molto perché non è vero, io
cerco di fare sempre meglio, film dopo film, non sono mai lo
stesso, altro che come al solito!». (ANSA).
   

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