>ANSA-LA-STORIA/Italo Leali, ‘con il jazz la battaglia alla Sla’

(di Monica Paternesi) L’amore per la musica, per il jazz:
una vita e un lavoro all’insegna di una passione, che neanche la
malattia ha fermato, anzi. Dopo tanti festival jazz organizzati,
in Italia e all’estero e una carriera avviata da direttore
artistico, Italo Leali, 54 anni, da 3 affetto da Sla, è ora
tetraplegico. Comunica solo con gli occhi e attraverso un
sintetizzatore vocale ma dal suo letto-postazione continua ad
organizzare iniziative ed eventi musicali, ora in beneficenza
per la ricerca a favore della lotta alla malattia. E al suo
richiamo sono già accorsi molti dei nomi più noti del jazz
italiano e non solo: da Rita Marcotulli a Roberto Gatto, a Enzo
Pietropaoli. Così è nato Tuscia in jazz for Sla, un festival
ricco di appuntamenti durante tutto l’anno: una goduria per gli
appassionati e una bella spinta ai fondi per la ricerca. Una
sfida cominciata grazie ad una campagna avviata da Leali insieme
ad un giornale locale, Tusciaweb, che si è estesa a macchia
d’olio: hanno aderito le istituzioni, la politica, personaggi
famosi che hanno le loro radici sul territorio, cantanti come
Marco Mengoni, attori come Marco Marzocca, lo chef Giorgione e
molti altri. Il cartellone è ricchissimo e corre lungo tutto
l’arco dell’anno, nelle location all’aperto della Tuscia per i
concerti di primavera ed estate, fino all’appuntamento in teatro
che metterà insieme un trio d’eccezione, Rita Marcotulli, Enrico
Pieranunzi e Dado Moroni.
    E Leali non si ferma. Anche se la Sla, racconta, “ti leva la
possibilità di credere nel futuro. Molti di noi malati scelgono
la morte piuttosto che affrontarla. Non riescono a sopportare
sia il peso della malattia, che vivere senza la speranza di una
cura. Io stesso a luglio 2024 sono stato vicino a quella scelta
e devo dire grazie a mia sorella Alessia e ai medici del Centro
Clinico Nemo, che mi hanno convinto a fare la tracheotomia.
    Quello è il momento dove fai la scelta se vivere, accettando la
malattia, o morire lasciandoti piano piano soffocare. Io ho
scelto di vivere per mia figlia, per i miei cari e perché
ritengo che la vita è e resta meravigliosa. Per queste ragioni e
perché sono stanco di vedere gente lasciarsi morire, ho scelto
di combattere di fare qualcosa usando ciò che avevo costruito”.
    Così è nato il Tuscia in jazz for Sla. “All’inizio non riuscivo
ad ottenere grandi risultati, poi a dicembre è arrivato il
direttore di Tusciaweb Carlo Galeotti e tutto è cambiato.
    Abbiamo creato una campagna a cui hanno aderito 30 comuni,
università della Tuscia, Vescovo di Viterbo, il presidente della
regione Lazio, il vicepresidente del consiglio regionale,
Unindustria, Ance Viterbo e decine di privati”.
    La battaglia di Leali, che cerca sempre di essere presente ai
concerti, è doppia: sensibilizzare le persone e incentivare la
ricerca sulle malattie rare, “quelle che rendono meno” e cerca
di dimostrare che “un’altra strada è possibile”. “Possibilissima
– afferma – e la provincia di Viterbo lo sta dimostrando.
    Bisogna coinvolgere più istituzioni e privati possibili, per
fare in modo che i governi obblighino le case farmaceutiche a
investire sulla ricerca anche per le malattie rare e non solo in
viagra o analgesici perché rendono”. Tuscia in jazz for Sla
dimostra che si può fare e che la cultura l’arte e la musica
possono molto: “Noi nel nostro piccolo lo stiamo dimostrando.
    Immagini cosa potrebbero fare le grandi star della musica e
dell’arte? Noi abbiamo unito 30 comuni, loro potrebbero unire
nazioni per aiutare la ricerca non solo per la sla ma per tutte
le malattie rare”. Leali e Galeotti lavorano con l’obiettivo,
forse non così ambizioso, di trasformare l’iniziativa in un
grande evento nazionale. I nomi ci sono, la volontà anche. “Ma –
spiega Leali – c’è da costruire prima una sensibilità collettiva
altrimenti ci troveremo difronte all’ennesimo spot fine a se
stesso. Prendiamo la famosa doccia con ghiaccio di qualche anno
fa. Che cosa ha portato in realtà alla ricerca e ai malati di
Sla? Nulla. Solo star che si nominavano tra loro facendo video
ridicoli e nel 99% dei casi – afferma Leali – non hanno versato
nulla per la ricerca. Non è questo che serve. A realtà come
Fondazione Serena Onlus, Centro Clinico Nemo servono fondi per
la ricerca e per i materiali e le macchine che ci tengono in
vita e non stupidi video. Perciò ben venga un grande evento
nazionale ma che porti un reale riscontro a chi fa ricerca e
assistenza ai malati. Io ne sono testimone diretto”.
   

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