A Cannes Serebrennikov indaga sulla scomparsa di Mengele

Da Limonov a Mengele. Continuano per
il regista russo dissidente Kirill Serebrennikov le biografie
sulfuree di personaggi scomodi, eccessivi, folli. Se solo l’anno
scorso aveva portato in concorso a Cannes ‘Limonov, the Ballad’,
adattamento del libro di Emmanuel Carrère, quest’anno sulla
Croisette, nella sezione Premiere, Serebrennikov racconta in ‘La
scomparsa di Josef Mengele’ l’avventurosa fuga del medico
nazista e ingegnere della razza interpretato nel film da August
Diehl. Un film che uscirà in Italia con Europictures.
    “Buenos Aires, giugno 1949. Nella gigantesca sala della dogana
argentina una discreta fetta di Europa in esilio attende di
passare il controllo – così nel libro di Olivier Guez (Neri
Pozza) a cui è ispirato il film -. Tra loro, un uomo che tiene
ben strette due valigie e squadra con cura la lunga fila di
espatriati. Al doganiere l’uomo mostra un documento di viaggio
della Croce Rossa internazionale: Helmut Gregor, altezza 1,74,
occhi castano verdi, nato il 6 agosto 1911 a Termeno, o Tramin
in tedesco, comune altoatesino, cittadino di nazionalità
italiana, cattolico, professione meccanico. Il doganiere
ispeziona i bagagli, poi si acciglia di fronte al contenuto
della valigia piú piccola: siringhe, quaderni di appunti e di
schizzi anatomici, campioni di sangue, vetrini di cellule.
    Strano, per un meccanico. Chiama il medico di porto, che accorre
prontamente. Il meccanico dice di essere un biologo dilettante e
il medico, che ha voglia di andare a pranzo, fa cenno al
doganiere che può lasciarlo passare”.
    ‘La scomparsa di Josef Mengele’ è narrato dal punto di vista
dello stesso Mengele secondo ovviamente l’originale
interpretazione di Serebrennikov.
    Chi era Mengele? Laureato prima in antropologia a Monaco e poi
in medicina all’Università Goethe di Francoforte, dopo essere
stato un eroe di guerra delle SS decorato con la croce di ferro, deve la sua fama ai suoi crudeli esperimenti di eugenetica ad
Auschwitz Birkenau, usando come cavie umane i bambini,
soprattutto i gemelli.
    Chiamato der weiße Engel (l’angelo bianco) per il camice indossato nei ventuno mesi di permanenza nel campo, era lui che
sceglieva chi sarebbe stato oggetto delle sue ricerche, chi
avrebbe lavorato e chi era destinato alla camera a gas. Tra gli
esperimenti fatti ad Auschwitz quelli più noti furono riservati
ai gemelli monozigoti, prevalentemente rom, ma amava anche
studiare nani e bambini nati con anomalie.
    Riguardo alla sua fuga nel 1949, dopo essersi imbarcato a Genova
su una nave diretta in Argentina, visse a Buenos Aires e poi,
nel 1959, fuggì prima in Paraguay e poi in Brasile dove rimase
fino alla morte nel 1979.
    Morì annegato a seguito di un ictus, a 67 anni. Fu sepolto a
Embu das Artes, sotto la falsa identità di Wolfgang Gerhard. La
sua tomba venne scoperta nel 1985, la salma venne riesumata nel
1992 e il suo DNA confrontato con quello del fratello. Comunque
pochi possono dire come Mengele di aver visto realizzati in vita
due film a lui ispirati: Il maratoneta del 1976 e, l’anno prima
di morire, I ragazzi venuti dal Brasile.
   

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