martedì, 6 Maggio 2025
Cannes fronte in prima linea contro i dazi di Trump

Il festival di Cannes è alle porte, comincia il 13 maggio e subito si arriva al punto. Nella serata di apertura della 78/a edizione (13-24 maggio) con Juliette Binoche presidente, la Palma d’oro onoraria verrà consegnata a Robert De Niro, leggenda del cinema ma anche una delle star più ferocemente critiche verso il presidente Donald Trump. Gli annunci protezionistici del tycoon su Hollywood con i dazi al 100% su tutti i film che arrivano in America e che sono prodotti in paesi stranieri, stanno scuotendo il sistema industriale globale del cinema e saranno un tema centrale a Cannes.
Il Marché dei film è da sempre il punto d’incontro tra le produzioni per la distribuzione ma anche per la realizzazione dei progetti: la tagliola dell’amministrazione americana di far tornare i set a Hollywood non va d’accordo con il business che vede da decenni ciak dove è conveniente girare (gli istituti delle film commission in Italia come nel mondo sono nati anche per quello) e che nel tempo sono diventati sempre più alchemici puzzle di partner finanziatori. Insomma l’uscita di Trump il 5 maggio è una doccia fredda per il mercato di Cannes alle porte.
E le critiche sono anche interne, a cominciare dalla stessa California in cui il governatore Gavin Newsom, fiero oppositore del tycoon, ha scritto che lo stato “resta impegnato per una partnership internazionale forte e stabile” e auspica che più che dazi doganali si crei un credito d’imposta federale di 7,5 miliardi di dollari per Hollywood.
Così come per altre categorie commerciali, e a maggior ragione per quella che è generata dalla libera creatività, l’industria del cinema, come sottolineano tutti gli analisti del settore, vive di coproduzioni e il protezionismo può essere controproducente, facendo lievitare i costi di produzione con conseguente aumento dei prezzi dei biglietti e fuga di pubblico.
C’è da dire che proteggere le industrie nazionali non è un’invenzione di Trump: la stessa Cannes non accetta film di piattaforme che non abbiano uscita sul suolo francese, ad esempio, e l’amministrazione americana ha criticato di recente i meccanismi che costringono le piattaforme a finanziare le produzioni nazionali per preservare l’eccezione culturale, cosa che accade ovunque Italia compresa. Pratiche che, secondo un memorandum dell’amministrazione statunitense, equivalgono a “estorsione”.
Robert De Niro, che ha definito – senza se e senza ma – Trump come incarnazione del “male assoluto” sarà in silenzio sulla Croisette? E celebrarlo non è un atto politico? “Non è il Festival di Cannes a essere politico, sono gli artisti”, dice all’Afp il delegato generale Thierry Frémaux. “Quando ci sono, noi siamo con loro”. E le altre grandi star americane presenti al festival, da Tom Cruise a Nicole Kidman, avranno il coraggio di parlare? Cannes che giusto un anno fa, in piena campagna elettorale per la Casa Bianca, ha fatto scalpore mettendo in concorso il bel film The Apprentice, che raccontava le origini diaboliche del giovane Donald Trump nel costruirsi fortuna e gloria, film poi discretamente boicottato in patria, “diffamatorio e politicamente ripugnante” secondo il commento del leader repubblicano.
Sorprese anti trumpiane potrebbero arrivare anche da un altro americano che non le manda a dire: Spike Lee, fuori concorso con ‘Highest 2 Lowest’. Un effetto in atto è già comunque una certa spaccatura, al di là degli schieramenti politici: la Dga (il sindacato dei registi americani) appoggia i dazi trumpiani, suscitando a sua volta lo “sconcerto” di un collettivo di importanti registi francesi, come Jacques Audiard, Palma d’Oro a Cannes nel 2015: “in un momento in cui il divario tra gli Stati Uniti e il resto del mondo si sta allargando, crediamo che sia più importante che mai che noi, registi europei e americani, restiamo uniti”. Cannes è alle porte, turbolenze in arrivo.
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