Francesco e Mario Di Leva e l’ossessione di ‘Nottefonda’

Al centro di ‘Nottefonda,’ film cupo
e senza speranza, in sala dall’8 maggio con Luce Cinecittà, c’è
un’ossessione che non finisce mai: quella di Ciro (Francesco Di
Leva), elettricista napoletano cinquantenne, che ogni notte esce
con il figlio di tredici anni, Luigi (Mario Di Leva), alla
ricerca di quell’auto rossa che ha investito e ucciso l’amata
moglie. Per dimenticare non gli basta il crack che fuma sulla
terrazza condominiale (come si vede nella prima scena del film),
né il tempo che passa, il suo lutto sembra proprio non finire
mai. A consolare Ciro c’è solo la pistola che ha nel cassetto
della sua auto, chiaro segno della sua voglia dì vendicarsi o
forse di farla finita.
    Liberamente tratto dal romanzo, ‘La strada degli Americani’
(Frassinelli) a firma dello stesso regista Miale Di Mauro, il
film racconta appunto di quest’uomo silenzioso e disperato che
ha dalla sua solo il figlio, qualche amico e l’affidabile madre
che ogni sera lo aspetta a casa.
    “Il mio personaggio di Ciro – dice Francesco Di Leva- è un uomo
che sprofonda in un abisso e, dopo aver raggiunto il punto più
profondo e oscuro della sua esistenza, prova in tutti i modi a
risalire a galla, sperando di vedere presto la luce. Non è un
vero tossicodipendente, ma ha trovato nell’uso e nell’abuso del
crack uno sfogo per uscire dalla traversata del lutto che lo ha
colpito dopo la morte improvvisa di sua moglie in un incidente
stradale. Per restituire al personaggio il dolore, la fatica, ma
anche la tenerezza che si porta dietro come un macigno –
continua l’attore – ho lavorato molto sul silenzio. Ciro evita
di confrontarsi con le persone e anche di incontrare gli sguardi
degli altri, sfugge a qualsiasi contatto umano perché questa
circostanza implicherebbe un confronto”.
   

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